di Salvatore Bragantini
Niente fermerà il panzer dello scudo ter, il governo chiede la fiducia; evidentemente alla maggioranza manca quella in se stessa. Come limitare in qualche modo, sul piano dell’etica pubblica, i danni? Ci viene detto che si deve contribuire al risanamento dei conti.
Niente fermerà il panzer dello scudo ter, il governo chiede la fiducia; evidentemente alla maggioranza manca quella in se stessa. Come limitare in qualche modo, sul piano dell’etica pubblica, i danni? Ci viene detto che si deve contribuire al risanamento dei conti.
Prendiamola per buona, ma allora c’è una contropartita, pur minima, che il governo— imponendo con la fiducia l’obbrobrio — ha il dovere almeno di offrire al Paese: l’impegno solenne di tutti i suoi componenti, e dei loro stretti congiunti, a non farsene scudo. Meglio se lo stesso fosse assunto dai parlamentari, e da chiunque abbia un ruolo pubblico o istituzionale nel Paese.
Insieme alla promessa di dimettersi ove mai si provasse che quell’impegno è stato disatteso. Il danno che questa legge causa al livello civile del Paese è tale da richiederlo.
Lo scudo, infatti, non è degno dell’Italia. Nessun Paese civile ha votato una sanatoria che consente agli evasori di pagare un decimo di quanto dovevano. Davvero sono i conti pubblici ad imporre una misura iniqua ma necessaria?
Eppure nel Regno Unito e negli Usa chi vuol regolarizzare la propria posizione deve pagare almeno l’imposta evasa: dieci volte quanto l’evasore italico. E sì che i conti di questi Paesi, dato l’enorme ammontare di risorse che essi spendono per la crisi, non sono messi tanto meglio dei nostri, come il ministro Tremonti giustamente non si stanca di dire. Perché allora trattare i nostri evasori in modo così smaccatamente più favorevole di Usa e Regno Unito? Il Dna italiano è forse differente? Il ministro non si rende conto di sbagliare quando sostiene imperterrito che il nostro scudo somiglia a quegli altri; non è così, va detto a voce alta. In tal modo egli nuoce alla credibilità propria e del Paese.
Il boccone più prelibato, che solo il nostro scudo offre agli evasori, è l’anonimato.Con l’obolo del 5% si conquista l’indulgenza plenaria senza nemmeno svelarsi al confessore. Se attaccato dal fisco cattivo, il povero inerme evasore brandirà lo scudo facendo braccetto. Per di più, abbiamo tolto ogni preoccupazione sulle ricadute penali del rimpatrio dei fondi (dal falso in bilancio in poi), ed esentato gli intermediari dall’obbligo di segnalare casi di riciclaggio.
Solleciti come siamo della tranquillità dei sonni degli evasori, pare che teniamo in serbo una chicca. Lo scudo proteggerebbe anche i mariti che non vogliono pagare alle ex mogli alimenti proporzionati alle imposte evase: così imparano ad invecchiare!
Gira già l’idea di estendere la scadenza dello scudo oltre il 15 dicembre, ma perché non renderlo permanente? Si può sempre far meglio: i vigili di Milano hanno sequestrato, su un autobus «cellulare», delle persone senza permesso di soggiorno. Dato che sono tantissimi, perché non consentire a chi fra loro abbia esportato fondi, magari frutto di reati banali come lo spaccio o l’estorsione, di mettersi in regola pagando il 5% del bottino? I conti pubblici migliorerebbero ulteriormente, Bossi si darà pace.Siamo ben lontani dalla fine di una crisi dovuta anche alle crescenti disuguaglianze, fenomeno specialmente grave negli Usa e in Italia; lo attesta l’indice di Gini che le misura.
Lo scudo ter è una bizzarra risposta a questo stato di cose, e questa nuova mazzata convincerà tutti che l’illegalità, perfino il crimine, pagano purché si abbia cura di allinearsi al sentire del Paese, per cui l’evasione è una birichinata, quando non la doverosa difesa dallo Stato predone. Il tutto per un provvedimento che non assicura affatto che i denari siano utilizzati a sostegno dell’economia del Paese; il 5% va allo Stato, che non lo usa a riduzione del debito, ma sul 95% non ci sono obblighi di sorta. Se i fondi erano investiti in azioni o titoli di Stato stranieri, ad esempio, potranno tranquillamente continuare ad esserlo.
Già diversi birichini stranieri stanno chiedendo residenze fiscali di comodo in Italia, per parcheggiare qui le loro birichinate, fino a quando non potranno più essere contestate dalle loro autorità fiscali. Mentre diciamo che i paradisi fiscali sono alla fine, noi ci apprestiamo, zitti zitti, a diventarlo. Non ci meritiamo questo scempio. Aspettiamo almeno l’impegno di chi ce lo impone a non utilizzarlo.
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