L'UNICO EDITORIALE CHE CI HA AZZECCATO
da L'Osservatore Romano
Timori e incertezze caratterizzano l’attesa per le elezioni politiche
ita liane. A preoccupare, anche i mercati e la comunità internazionale, è
soprattutto la possibilità che dalle urne possa uscire un Parlamento
frammentato, non in grado di esprimere un Governo stabile. Sul risultato
delle consultazioni pesa inoltre l’incognita di quanti sono ancora
indecisi e di quanti preferiranno astenersi. La sfiducia nella capacità
della politica di emendarsi e di mettere mano alle riforme è un elemento
che è destinato ad avere un forte peso nella scelta dei cittadini.
Tuttavia, nei programmi e soprattutto negli slogan, non tutti i partiti
sembrano aver tenuto conto dei ambiamenti in corso nella società
italiana, fra i quali la crisi del ruolo tradizionale dei partiti intesi
come titolari esclusivi della mediazione politica. Eppure, fra gli
elementi di novità della campagna elettorale si segnalano i milioni di
elettori che hanno partecipato alle consultazioni primarie e alle
“parlamentarie” così come pure le piazze colme per alcuni comizi. È una
massa sul punto di diventare critica, fatta di persone che vogliono
partecipare direttamente alla ricostruzione del Paese. Nella loro
percezione, anche le proposte meno realistiche diventano strumentali al
rovesciamento di un sistema da rifondare.
I contenuti della campagna elettorale hanno invece ruotato attorno al
tema delle tasse e delle alleanze post elettorali nel tentativo di fare
leva sull’identità politica degli elettori. Una logica di
contrapposizione frontale che sarà necessariamente superata una volta
chiuse le urne, dati gli effetti di una legge elettorale considerata,
come minimo, inadeguata. Dalle previsioni più accreditate si deduce che
alcune forze politiche saranno costrette a coalizzarsi per dare un
Governo al Paese.
È altrettanto condivisa infatti l’opinione che l’Italia non possa
permettersi di tornare alle urne entro pochi mesi, rendendo vane così le
misure prese dall’Esecutivo uscente. Misure che, grazie ai sacrifici
degli italiani, hanno permesso di uscire dalla tempesta finanziaria. Al
tempo stesso, chi governerà è chiamato ad agire non più in una logica
emergenziale ma ponendo le basi per riforme strutturali di medio e lungo
periodo, tali da coinvolgere inevitabilmente l’identità stessa del
Paese. Serve, insomma, un Governo che possa contare su una forte
maggioranza politica e non solo numerica. E che sia espressione anche di
una giusta sintesi fra le diverse sensibilità riformiste. La campagna
elettorale non ha dato, in questo senso, indicazioni sufficientemente
rassicuranti, fra promesse spregiudicate a danno delle categorie più
fragili e confronti dialettici nei quali, con poche eccezioni, non ha
avuto spazio la proposta di un progetto organico per l’Italia. Così come
è rimasto sostanzialmente ignorato il grande tema della profonda crisi
culturale e di valori, di cui l’evasione fiscale e un federalismo non
solidale sono solo tra le manifestazioni più tangibili.
Gli schieramenti politici arrivano all’appuntamento di domenica e lunedì
ciascuno con le proprie difficoltà. Il centrodestra di Silvio Ber
lusconi, che ha incentrato la sua campagna elettorale sulla promessa
della restituzione dell’Imu pagata lo scorso anno dagli italiani, ha
rimandato a dopo il voto il confronto sul suo futuro e sulla stessa
scelta del suo candidato alla presidenza del Consiglio, tanto che alcune
analisi avanzano dubbi sulla reale tenuta del Popolo della libertà, nel
caso che il centrodestra non ottenga la maggioranza di Camera e Senato.
Il centrosinistra di Pierluigi Bersani, che ha condotto una sobria
campagna elettorale attorno al tema della lotta alla disoccupazione,
paga in parte proprio gli effetti collaterali delle primarie, in termini
di alleanza obbligata con la sinistra di Vendola. La presenza nello
schieramento del segretario di Sinistra ecologia e libertà ha creato
infatti non poche difficoltà a Bersani, impegnato ad accreditarsi come
leader di un governo di stampo laburista e riformista, affidabile anche
agli occhi dei mercati e della comunità internazionale.
Su questo punto in particolare ha insistito la campagna elettorale del
presidente del Consiglio uscente. Mario Monti fatto oggetto dei
prevedibili attacchi per le dure misure anticrisi che è stato chiamato a
varare nel corso dei suoi mesi di Governo e che sono state votate dal
Parlamento quasi all’unanimità durante la campagna elettorale ha messo
in luce quelle che a suo parere sono le contraddizioni esistenti
all’interno del centrosinistra e del centrodestra, cercando di
convincere gli elettori della necessità di continuare sulla strada delle
riforme, anche se con maggiori interventi per favorire la ripresa dei
consumi e della crescita economica.
Su tutti incombe l’incognita di quali dimensioni avrà il successo del
Movimento 5 Stelle guidato da Beppe Grillo, un fenomeno trasver sale che
con ancora troppa superficialità viene liquidato come espressione di
antipolitica, di populismo o di demagogia, appellativi che, se possono
ben adattarsi ad alcuni slogan lanciati durante i comizi, non
rappresentano adeguatamente un elettorato che persegue anzitutto un
rapporto diretto con i suoi rappresentanti, in un momento in cui,
nonostante tutti i segnali che arrivano dalla società civile, la
politica tradizionale è avvertita, spesso non a torto, desolatamente
autoreferenziale.
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