Paolo Scaroni è stato arrestato nel 1992 in merito all'inchiesta giudiziaria di Mani Pulite; nel 1996, poi, ha patteggiato una condanna ad un anno e 4 mesi per tangenti di svariate centinaia di milioni (di lire italiane) versate al Partito Socialista Italiano per appalti Enel.
Nel 2006 viene processato dal tribunale di Adria, in qualità di amministratore delegato dell'Enel all'epoca dei fatti, per aver inquinato, con la Centrale di Porto Tolle, il territorio del delta del Po. Viene successivamente condannato ad un mese di reclusione, a titolo colposo, pena che viene convertita in un'ammenda di 1.140 euro. Nel 2011 "La Cassazione ha riconosciuta la responsabilità penale (ma i reati tuttavia nel frattempo si sono prescritti) sia dei direttori di centrale sia degli amministratori delegati di Enel."
Nel maggio 2007 Il Nucleo della Guardia di Finanza di Milano ha operato perquisizioni e acquisizioni condotte nel capoluogo lombardo, Roma, Torino e Piacenza negli uffici dell'Eni e di altre società del settore energia per una presunta truffa sui sistemi di misurazione del gas.
Indagati risultano Paolo Scaroni, i vertici e i dirigenti di Aem e Arcalgas. Tra questi Giuliano Zuccoli, presidente e amministratore delegato dell' Azienda energetica milanese.
I sequestri di documenti (a partire dal 2003) riguardano un'indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Milano sugli strumenti di misura del trasporto e della distribuzione del gas naturale utilizzati in Italia dalle imprese del settore. Gli strumenti sotto indagine, i cosiddetti misuratori venturimetrici, sono da sempre utilizzati in Italia ed incidono sulle misurazioni relative alla bolletta dei consumatori.
Le accuse ipotizzate dai pm sono a vario titolo truffa, violazione della legge sulle accise, ostacolo all'attività di vigilanza e uso o detenzione di misure o pesi con falsa impronta (art 472 cp).Tutte le società coinvolte nelle indagini sono anche state iscritte nel registro degli indagati per la legge 231 del 2001 relativa alla responsabilità amministrativa delle società.
L' amministratore delegato dell'Eni è presente anche nella
richiesta, rivolta dalla Procura di Milano al Gip del Tribunale, di commissariare Agip Kco o inibirle i contratti in Kazakhstan
nel più grande giacimento petrolifero scoperto negli ultimi 30 anni,
Kashagan nel Mar Caspio.
L' inchiesta per
corruzione internazionale (20 milioni di tangenti fino al 2007) di
burocrati locali, tra i quali il genero del presidente della Repubblica
kazaka Nazarbayev, Timur Kulibayev, già presidente dell' ente
petrolifero statale e del fondo sovrano di Astana. Anni fa, che nasce dopo le
ombre sollevate dalle dichiarazioni (anche in tv) dell' ex
rappresentante dell' Eni in Russia, Mario Reali.
L' Eni per fare luce
sul caso di corruzione aveva prima presentato un esposto alla Procura di Roma, che indagò e
archiviò non ravvisando reati, e poi commissionato a Kpmg un'indagine interna.
Ed è proprio nelle «carte di lavoro» di un revisore di
Kpmg che ora la Procura di Milano ha trovato un appunto nel quale il
professionista, incaricato dall' Eni con alcuni colleghi di condurre l'
audit, annotò per sé una delicata circostanza: Scaroni aveva telefonato
per raccomandare di «scavallare» (questo il termine esatto adoperato dal
n.1 Eni) la consegna dell' indagine interna a una fase successiva alla
presentazione al mercato nel 2008 dei conti Eni del 2007.
L'audit interno "desaparecido" fu in
effetti fatto «scavallare», ed anche troppo, nella prospettazione
accusatoria: talmente tanto, infatti, che l'elaborato di
Kpmg non fu più portato a
conoscenza dei mercati e del pubblico né dopo l'assemblea 2008 né in seguito, mentre ai pm fu poi
consegnata solo una versione «light». Non a caso questa circostanza è ora valorizzata dalla Procura tra le esigenze cautelari
prospettate al giudice Ferraro per chiederle di emettere la misura
interdittiva a carico di Agip Kco, società controllata da altra a
sua volta controllata interamente da Eni, che all' epoca dei fatti era
sia l'operatore unico del consorzio internazionale dove Eni ha il
16,81% (accanto a Shell, ExxonMobil, Total, ConocoPhilips, Inpex e all'
ente petrolifero statale KazMunaiGas), sia il partner della compagnia
petrolifera kazaka nel comitato che assegnava gli appalti ai vari
fornitori internazionali.
Non
è indagato l'amministratore delegato, ma l'Eni come persona giuridica
è invece indagata dal pm De Pasquale per «corruzione internazionale»
sino all' aprile 2007, in base alla legge 231 sulla responsabilità
amministrativa degli enti per reati commessi dai dirigenti nell'
interesse aziendale.
Scaroni ha affermato che «si tratta di indagini che
riguardano episodi del 2004 e del 2005. Noi dal 2009 collaboriamo con la
magistratura su questo terreno e aspettiamo di vedere cosa succede.
Sono sereno».
Il colosso energetico Enel e il suo ex amministratore delegato Paolo Scaroni. sono dal mese scorso a giudizio
in Veneto per presunte “omissioni dolose di cautele” legate alla
centrale Polesine Camerini di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. Nel
mirino della magistratura, l’attività dell’impianto al confine con
l’Emilia Romagna negli anni in cui era ancora alimentato ad olio
combustibile. Con Scaroni dovranno presentarsi in aula
altre nove persone tra vertici di Enel, ex funzionari e dirigenti.
Il processo è stato chiesto, oltre che per Scaroni, per gli ex funzionari e dirigenti di Enel Leonardo Arrighi, 59 anni di Pisa; Antonino Craparotta, 65 anni, di Udine; Giuseppe Antonio Potestio, 72 anni, di Perugia; Alfredo Inesi, 72 anni, di Roma e Sandro Fontecedro, 67 anni, di Tarquinia. E ancora: gli ex direttori dell’impianto nel Delta del Po Renzo Busatto, 56 anni di Mogliano Veneto e Carlo Zanatta, 65 anni, di Treviso; Fulvio Conti, 64 anni, amministratore delegato di Enel e l’ex Francesco Luigi Tatò, 79 anni.Spicca, tra questi, il nome di Fulvio Conti,
amministratore delegato di Enel spa all’epoca dei fatti contestati (dal
1998 al 2002). Nella richiesta di rinvio a giudizio, per il nuovissimo filone della
maxi inchiesta aperta dal sostituto procuratore di Rovigo Manuela Fasolato,
viene contestata, in sintesi, la presunta mancata adozione di cautele
prescritte dalla legge e, più specificatamente, l’articolo 437 del
codice penale.
C'è poi la recentissima vicenda di Pietro Franco Tali, che si è dimesso dalle cariche di Ad e vicepresidente di Saipem, controllata ENI, a seguito dell'indagine avviata dalla Procura di Milano in relazione a presunti reati di corruzione commessi, secondo gli inquirenti, entro il 2009 e relativi ad alcuni contratti stipulati in Algeria.
Ne dà notizia un comunicato della società di ingegneristica, controllata dall'Eni, le cui azioni sono state sospese oggi pomeriggio in Borsa.
Il Cda ha accettato le dimissioni di Pietro Franco Tali e ha quindi nominato Umberto Vergine nuovo amministratore delegato. Il CdA, aggiunge la nota, ha deliberato la sospensione cautelare di Pietro Varone dalla funzione di Chief Operating Officer della Business Unit Engineering and Construction. La sospensione cautelare segue la notifica di informazione di garanzia a Varone da parte della Procura della Repubblica di Milano nell'ambito della stessa indagine. Analogo provvedimento di sospensione cautelare è stato disposto nei confronti di un altro dirigente della società coinvolto nella medesima indagine.
Saipem ritiene che la propria attività sia stata svolta nel rispetto delle leggi applicabili, delle procedure interne, del codice etico e del modello 231 e offre massima collaborazione alla Procura di Milano.
Tali ha dichiarato, si legge nella nota "di essere convinto che l'attività della società si sia sempre svolta nel rispetto delle leggi applicabili, delle procedure interne, del codice etico e del modello 231 e che la società si difenderà con successo nelle sedi opportune. Tuttavia, pur non essendo in alcun modo coinvolto nelle vicende oggetto di indagine, ritiene che le proprie dimissioni possano consentire la migliore difesa della società nel contesto delle indagini avviate dalla Procura della Repubblica di Milano".
(Giancarlo Navach, Reuters)
C'è poi la recentissima vicenda di Pietro Franco Tali, che si è dimesso dalle cariche di Ad e vicepresidente di Saipem, controllata ENI, a seguito dell'indagine avviata dalla Procura di Milano in relazione a presunti reati di corruzione commessi, secondo gli inquirenti, entro il 2009 e relativi ad alcuni contratti stipulati in Algeria.
Ne dà notizia un comunicato della società di ingegneristica, controllata dall'Eni, le cui azioni sono state sospese oggi pomeriggio in Borsa.
Il Cda ha accettato le dimissioni di Pietro Franco Tali e ha quindi nominato Umberto Vergine nuovo amministratore delegato. Il CdA, aggiunge la nota, ha deliberato la sospensione cautelare di Pietro Varone dalla funzione di Chief Operating Officer della Business Unit Engineering and Construction. La sospensione cautelare segue la notifica di informazione di garanzia a Varone da parte della Procura della Repubblica di Milano nell'ambito della stessa indagine. Analogo provvedimento di sospensione cautelare è stato disposto nei confronti di un altro dirigente della società coinvolto nella medesima indagine.
Saipem ritiene che la propria attività sia stata svolta nel rispetto delle leggi applicabili, delle procedure interne, del codice etico e del modello 231 e offre massima collaborazione alla Procura di Milano.
Tali ha dichiarato, si legge nella nota "di essere convinto che l'attività della società si sia sempre svolta nel rispetto delle leggi applicabili, delle procedure interne, del codice etico e del modello 231 e che la società si difenderà con successo nelle sedi opportune. Tuttavia, pur non essendo in alcun modo coinvolto nelle vicende oggetto di indagine, ritiene che le proprie dimissioni possano consentire la migliore difesa della società nel contesto delle indagini avviate dalla Procura della Repubblica di Milano".
(Giancarlo Navach, Reuters)
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