Sono stupito dallo stupore col quale viene accolta la notizia
dell’espulsione di alcuni militanti dal M5S da parte del proprietario
del movimento. Non capisco perchè si gridi allo scandalo, perchè si
richiamino concetti come la democrazia. Forse perchè siamo di fronte
alla fine di qualcosa che assomiglia molto ad un’illusione alla quale
proprio non vogliamo rassegnarci.
Siamo proprio strani. Invece di essere contenti perchè i fatti che
stanno avvenendo, diradando la nebbia ci permettono di leggere
chiaramente la realtà, siamo tutti in allarme, sfiduciati, se non in
preda al panico. Si è rotto l’incantesimo, ancora una volta è svanita
l’illusione, come era normale che avvenisse e noi siamo lì a disperarci.
Quale illusione? Quella di continuare a pensare (cambiando sigle,
metodi, approcci, leader e tecnologie) che delegare i propri problemi a
qualcuno, considerato più o meno affidabile dei concorrenti in campo,
sia di per sè una soluzione. Pensavamo di poter evitare ancora una volta
i sacrifici e invece dobbiamo ricominciare tutto daccapo è questo ci
frustra.
Non vogliamo proprio metterci in testa che si può cambiare solamente
agendo quotidianamente nel nostro piccolo mondo, sacrificando un pò del
nostro tempo, dei nostri soldi, delle nostre idee, delle nostre passioni
per un’idea, un obiettivo, uno scopo molto piccolo e molto vicino a
noi. Non vogliamo capire che la politica, l’ambiente, il lavoro, la
salute, la cultura non sono argomenti a camere stagne da delegare a
qualcuno ma sono eventi che attraversano le nostre vite e che se non ce
ne interessiamo in prima persona non lo farà nessun altro per noi.
Non ce lo vogliamo mettere in testa perchè siamo un popolo perennemente
immaturo e inadeguato. Viviamo nel 2012 ma con una mentalità da fine
’800 che ci impedisce di uscire fuori da schemi tanto consolidati quanto
obsoleti. Non abbiamo alcuna voglia di fare sacrifici, non abbiamo un
barlume di idea, non abbiamo un metodo, non abbiamo fiducia reciproca e
continuiamo a delegare tutto ad altri da cui pretendiamo poi onestà,
correttezza, responsabilità, democrazia, lealtà, tutte qualità che non
ci appartengono. Agli ambientalisti deleghiamo l’ambiente, ai geometri
il paesaggio, ai politici il lavoro, ai medici la salute, ai sacerdoti
la religione, alla scuola l’educazione e così via.
La nostra è una delega a vita. Abbiamo bisogno di una balia per muovere
qualsiasi passo ma soprattutto abbiamo bisogno di un carnefice a cui
addossare tutte le colpe, tutte le responsabilità per la nostra
incapacità o ignavia, abbiamo bisogno di vestire, da perfetti immaturi, i
panni delle vittime.
Un Paese che si lamenta è un Paese che non vuole cambiare, questa è
l’Italia. Chi vuole cambiare agisce, chi non vuole cambiare si lamenta,
va alla ricerca di cavilli, di nemici, ha bisogno di creare problemi.
C’è una parte, una grossa parte, di questa nazione che si alza ogni
mattina per cambiarla e ce n’è un’altra che si alza la mattina per
chiosare, denigrare, ostacolare ciò che fa la parte che agisce. E’ come
se le persone che si trovano su una barca remassero ciascuna per conto
proprio, la barca gira su se stessa.
Se non ci decidiamo una volta per tutte a prendere in mano il nostro
destino lo farà qualcun altro e non sarà particolarmente attento ai
nostri bisogni ed alle nostre esigenze.
Non sono solo i partiti ad essere al capolinea ma il concetto, o per
meglio dire l’artificio, della “democrazia rappresentativa” che ha fin
qui regolato i rapporti tra gli individui e che non funziona più perchè
il mondo è cambiato, i bisogni delle persone sono cambiati, il modello e
gli strumenti che hanno regolato fin qui i nostri rapporti è cambiato.
Il problema siamo noi, sempre più uguali a noi stessi.
Massimiliano Capalbo
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