L’Italia è come la Grecia, procede a tappe spedite nella dismissione
delle sovranità popolari e, rispettando le tabelle di marcia volute
dalla Troika, ovvero quella triade massonica formata da FMI, la BCE e Ue
che disegna e gestisce il futuro modello degli Stati Europei, dà il via
alla prima delle tre ondate previste, da qui a gennaio del 2013, di
licenziamento del personale pubblico. Di per sé questa non è una notizia
in quanto, la maggior parte degli italiani già sapeva dell’enorme e
sproporzionata pianta organica relativa al personale dipendente dello
Stato, aumentata nel corso degli anni senza motivi apparenti e a
dismisura da tutti i governi dal dopoguerra fino ai giorni nostri.
Sembra che oggi sia caduto un fulmine a ciel sereno, ma nella realtà
chiunque se lo sarebbe potuto aspettare dato che, dopo l’approvazione
del discusso art. 18 sui licenziamenti del personale in eccedenza,
originariamente previsto per le sole aziende private, lo stesso è stato
poi esteso anche agli enti pubblici.
Alla luce di quanto sopra, la vera notizia appare però essere un’altra,
ovvero quella relativa alle tempistiche che ha adottato il governo
Monti per approvare quei provvedimenti legislativi imposti dalla Troika
all’Italia fin dal novembre scorso. Quando, con la famosa lettera
dell’agosto 2011, l’Europa invitava l’allora governo Berlusconi ad
approvare le sue richieste di risanamento, l’Italia le varò in cambio
del proprio salvataggio, impegnandosi altresì a portare a termine il
programma di risanamento, fortemente voluto dalla Troika e imposto poi
dai vertici Europei. In sostanza, e per farla in breve, ora sembra
sempre più chiaro che il premier italiano Mario Monti, succeduto a
Berlusconi nel novembre scorso, stia recitando, più che il ruolo di
premier, il ruolo “pro tempore” di commissario diligente, rispettoso e
abile, che l’Europa gli ha affidato con l’appoggio del presidente della
Repubblica. Appare ancora più evidente invece, come la credibilità e la
competenza finanziaria ed economica internazionale del professor Monti
fossero in realtà la garanzia necessaria, fortemente voluta e richiesta
dagli organismi europei, per applicare i provvedimenti ritenuti
obbligatori e finalizzati a salvare il paese Italia. Provvedimenti che
invece erano ritenuti impossibili da applicare se fosse rimasto in
carica il governo Berlusconi. Di conseguenza, oggi tali provvedimenti
sono imposti “manu militari alle forze politiche che sostengono il
governo, facendo così strame delle sovranità popolari previste dai
principi della carta costituzionale italiana.
Nel mese di agosto avevo scritto proprio su questo giornale
di una probabile caduta del governo Monti, in concomitanza con
l’attuazione dei licenziamenti nel pubblico impiego e, alla luce di
quanto sopra, non posso che confermare oggi ciò che scrissi allora. Come
non ricordare adesso le affermazioni rilasciate in estate alla stampa
da Monti ovvero di quando paventava il rischio di un fattore disgregante
degli Stati nazionali, che a suo dire avrebbe potuto manifestarsi a
causa della moneta unica? E come non ricordare ora, ciò che è stato
anche di recente ricordato da una nota trasmissione televisiva della
Rai, quando il professore faceva chiaramente intendere che la crisi era
da ritenersi una opportunità in quanto, con gli stati a rischio di
sopravvivenza, sarebbe stato poi più facile costituire quell’Europa
politica che altrimenti non avrebbe potuto essere realizzata?
Personalmente ho sempre creduto che questi meccanismi perversi servono
ad “inginocchiare” e di conseguenza artatamente far fallire i così detti
PIIGS che, impossibilitati a salvarsi da soli, sarebbero poi
inevitabilmente finiti col subire i diktat europei ed a essere così
governati direttamente dalla Troika. In ultima analisi, in molti oggi
sorge il sospetto che la crisi economica sia stata invece pilotata e
prevista fin dal momento in cui gli Stati, dopo che avevano adottato la
moneta unica, si sapeva non avrebbero più potuto avvalersi della facoltà
di svalutazione delle loro valute e così sono ora costretti a quella
costituzione dell’uropa politica che, viceversa, non si sarebbe potuta
realizzare se i suddetti Stati avessero continuato a mantenere le loro
singole sovranità popolari e le loro monete.
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