Fonte: Angelo Libranti (The Front Page)
Viviamo tempi incerti; la vita politica italiana è nel disordine
totale, partiti e movimenti hanno perso l’identità, i loro
rappresentanti sono preoccupati solo della propria posizione e cercano
di capire, in anticipo, in quale settore conviene posizionarsi.
Il
partito di maggioranza si è sciolto come neve al sole con incredibile
facilità, a conferma di come tutto ruotava intorno alla figura
carismatica di Berlusconi che, diciamolo una volta per sempre, non ha la
tempra del dittatore e spesso, in Consiglio dei ministri, ha subito la
maggioranza «democristiana» e le impuntature della Lega, accettando veti e «aggiustamenti» a quanto aveva promesso in campagna elettorale.
Clamoroso
non aver difeso e sostenuto l’unica legge veramente rivoluzionaria
delle sue quattro legislature, la n° 2544-S del 16.11.2005, che
modificava la seconda parte della Costituzione e riduceva il numero di
Deputati e Senatori, prevedendo il Senato Federale e ampi poteri al
Presidente del Consiglio, approvata a maggioranza assoluta da Camera e
Senato nella XIV Legislatura ed esecutiva dalla XVI, quella corrente.
Sottoposta
a referendum nei giorni 25 e 26 giugno 2006, quella legge fu bocciata
per gli interessi incrociati di quasi tutti i partiti, compreso il Pdl.
E’ stata la svolta cruciale nell’excursus politico di
Berlusconi; aveva perso le elezioni a maggio ed aveva tutto l’interesse a
sostenere vigorosamente quanto aveva fatto di buono, invece quella
campagna referendaria fu condotta e manovrata solo dalla sinistra, che
aveva tutto l’interesse ad affossare, per non modificare nulla.
Berlusconi
avrebbe dovuto tenere conferenze stampa e scatenare i media a lui
favorevoli, e con lui la Lega, per sostenere una legge importantissima,
invocata poi da quasi tutti gli italiani, immemori e svogliati.
E’
stata quella la svolta politica del leader: vincere il referendum o
morire in piedi, non come ora, morente giorno per giorno senza battaglia
e senza gloria, spernacchiato dalla sinistra e dimenticato da chi
faceva anticamera mendicando una poltroncina istituzionale.
Ora
tutto è cambiato e si è evidenziato il lavoro di logoramento
dell’Europa Unita da parte delle grandi banche, quelle che non hanno
bisogno di vincere le elezioni per comandare e che dal 1992 si
organizzano per minare l’economia italiana. Sono spuntati leader «tecnici»
che, senza essere eletti, sono pure riverititi nonostante stiano
rovinando il ceto medio e si prevede il bis per manifesta incapacità dei
partiti.
Non a caso la annuale riunione della Bilderberg, neanche
tanto riservata, è avvenuta a Roma. Ormai si mostrano per quello che
sono e ci mettono la faccia, Monti, antico socio della confraternita vi
ha partecipato e ostentato un’imperturbabile faccia di metallo, faccia
da «Anatolio» il primo robot presentato in Italia, a Roma,
nella mostra per l’elettronica del 1960, dove a domanda dei visitatori
rispondeva con voce impersonale e cadenzata, per ripetere solo le frasi
memorizzate.
Tutto sembra ordito per la riconferma di questo
governo, Monti atteggia sicurezza e non ha nessuna intenzione di
presentarsi candidato. Ci pensa Montezemolo a dargli una base; dopo aver
piroettato a destra e a manca ha scelto, ma anche lui non si presenterà
alle elezioni, con l’aria che tira non è importante, intanto Monti ha
dichiarato che, dopo il suo Governo, non garantisce nulla, come dire me o
guai in vista per l’economia.
E i partiti cosa fanno? Il Pd, gira gira, finirà per uniformarsi al «grande potere»,
come sempre ha fatto. Il Pdl è giunto ad avere 11 candidati alle
primarie ed ha perso anima e spinta. Se Berlusconi non prende qualche
iniziativa, purchessia, quello che fu il più grande partito d’Italia
sparirà del tutto. L’Idv sbanda sotto l’incertezza del futuro di Di
Pietro, non più nella manica dei magistrati. La Lega si è ridimensionata
da sola e ha pure la faccia di chiedere la presidenza della Lombardia.
Casini e Fini cercano casa e non è sicuro se la troveranno, ridotti
come sono al lumicino. Di tutto questo caos ne approfitterà Grillo, a
meno che un miracolo non ponga Renzi come futuro interlocutore
dell’enigmatico Monti.
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