martedì 30 aprile 2013

CHE PECCATO!

http://www.zoomsud.it/primopiano/51526-reggio-tutte-le-foto-della-piu-moderna-cardiochirurgia-del-mondo-chiusa-mentre-si-muore.html

lunedì 22 aprile 2013

IL NAPOLITANO BIS

Finita l'elezione del presidente della repubblica, sarebbe bene fare il punto sulle funzioni che la Costituzione gli assegna, il suo ruolo, le ragioni del sistema di elezione previsto ed il metodo con cui invece è stato eletto.
In Italia il presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento. La nostra è una Repubblica parlamentare, la Costituzione del '48 lo indica come organo di garanzia, organo super partes, ed il sistema elettorale all'epoca era decisamente proporzionale. 
Trattandosi di un organo di garanzia non eletto dai cittadini, era necessario imporre i due 2/3 dei voti dei grandi elettori e, dalla quarta chiama, il 50%+1 degli aventi diritto.
Con ciò si rispettava la volontà popolare, riconoscendo ad una maggioranza di rappresentanti degli elettori di esprimere un consenso numericamente coerente con la scelta politica emersa dal voto della nazione.
Se un presidente della repubblica, cioè, veniva eletto con il 66,66 % dei voti, il risultato corrispondeva ad un presidente gradito dalla maggior parte degli elettori, dal momento che solo un accordo tra i partiti più rappresentativi poteva eleggerlo.
Inoltre, la necessita' continua di larghe intese (tipiche di un Parlamento eletto con un sistema proporzionale) comportava che la persona eletta raappresentasse più che la mera maggioranza numerica parlamentare. Poi, per rendere piu' facili aggregazioni estemporanee o di scopo, venne istituito il voto segreto.
In un sistema bipolare, invece, non vi è alcuno che possa svolgere un ruolo di garanzia, e tanto più senza essere eletto. In Francia, in GB o negli USA non esiste nemmeno la differenza tra presidente del consiglio e presidente della repubblica, nè appare assimilabile alla figura del nostro presidente quello della Monarchia britannica per ragioni così ovvie che non richiedono spiegazioni.
Da tanto consegue che il metodo di elezione del presidente della repubblica, previsto per una repubblica rappresentativa parlamentare, è in netta contraddizione con un sistema bipartitico/bipolare e l'elezione con premio di maggioranza.
Il sistema bipolare, infatti, non necessita di alcuna figura di garanzia (e per tale ragione non è presente in nessuna repubblica occidentale, fondandosi esso sull'alternanza di governo) ed il suo metodo di elezione prevede  un premio di maggioranza, nel caso italiano piuttosto consistente.
Ed allora, se il presidente viene eletto col 66,66 % dei voti dei grandi elettori (1007), in realta' costoro corrispondono a circa la meta' dei voti degli elettori. Calcolando il premio di maggioranza ricevuto dal partito o coalizione più votato, invero, i 672 grandi elettori corrispondono all'incirca al 50% dei voti validi espressi dagli elettori nelel consultazioni politiche.
Ma se il presidente della repubblica viene eletto dopo la quarta elezione, i 504 voti dei grandi elettori necessari rappresentano nu numero di gran lunga inferiore al 50% degli elettori. Il presidente così eletto rappresenta dal 27% al 35% degli elettori italiani, ma specialmente non rappresenta il voto degli italiani, che hanno votato polarizzandosi.Basti considerare che la coalizione di centrosinistra, che aveva ben 495 grandi elettori e poteva quasi da sola imporre il presidente, ha ottenuto il 29% dei voti validi nel corso delle recenti consultazioni nazionali e, di fatto, circa il 20% dei voti degli italiani perchè, pur avendo la maggioranza dei parlamentari mediante l'ottenimento del premio di maggioranza, non ha affatto la maggioranza dei voti.
In un sistema bipolare, o anche tripolare come è avvenuto alle ultime elezioni, ovvero in un sistema concepito per dividersi in blocchi e basarsi sulla prevalenza numerica, qual'è la funzione di un organo istituzionale di garanzia? Nessuna, perchè l'opposizione vigila sull'attiviità della maggioranza, la quale esprime un esecutivo sottoposto al controllo, secondo blocchi contrapposti, da parte della minoranza.
Ora, constatata l'inutilità di un organo di garanzia in un sistema che non è più rappresentativo del paese secondo criteri proporzionali,  di talchè un presidente così eletto non è certamente il presidente di tutti gli italiani (come vengono a raccontarci), ma al più di un terzo di essi, occorer verificare se i poteri di tale carica sono diminuiti (come sarebbe logico e conseguenziale) o aumentati rispetto alla Carta del 48.
Sorpresa: in un parlamento ingessato, che non riesce ad esprimere un Presidente del consiglio, ma neppure un Capo dello stato, quest'ultimo non solo si arroga il potere di un secondo mandato (e già questo ha dell'incredibile, perchè nessuna carica istituzionale di un paese democratico dura per 14 anni), ma addirittura per la seconda volta sceglie il Capo del governo ed i ministri.
La conseguenza di ciò, in termini pratici, è che una figura istituzionale inutile, non scelta dal popolo sovrano e del tutto diversa dalla volontà dei Padri costituenti oggi si è trasformata in una carica che ha un potere tale da renderla molto simile alla figura del Presidente di una repubblica presidenziale.
Con l'aggravante, per così dire, che il Presidente italiano, a differenza di quelli eletti dal popolo nei paesi democratici, è irresponsabile politicamente e, lo si ripete, non è organo di garanzia nè è il rappresentante di tutti gli italiani. Nominerà, infatti, un governo piùo meno tecnico che proseguirà il lavoro del governo Monti. Governo che, uscito dalla porta, è rientrato dalla finestra. In barba a tutti coloro che credono ancora nella funzione dei partiti.

venerdì 19 aprile 2013

UN UOMO, UN DISASTRO

da tribunaledelpopoloweb.org

Romano Prodi è stato indagato per per abuso d'ufficio nell'ambito dell'inchiesta "Why not" condotta dall'allora procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi De Magistris. La procura di Roma, dopo aver avocato l'indagine a De Magistris, ne ha chiesto l'archiviazione, ottenuta nel novembre 2009. 

Presidenza dell'IRI e vendita della SME 
Romano Prodi e l'allora Ministro per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Luigi Granelli, firmarono
l'accordo IRI-CNR.Le vicende riguardanti la vendita, risalente al 1993, da parte dell'IRI delle proprie società alimentari, facenti capo principalmente alla finanziaria SME, sono state oggetto d'indagini da parte della magistratura, e
Romano Prodi, in quanto presidente dell'IRI durante la privatizzazione, è stato oggetto d'investigazione, insieme al consiglio d'amministrazione dell'IRI. 

L'IRI, durante il primo mandato di Prodi, nel 1985 fallì nell'intento di cedere la SME a privati. Dopo aver ottenuto per l'intero assetto della società solo l'offerta d'acquisto della Buitoni di Carlo De Benedetti, con essa siglò una intesa preliminare, da far approvare dal proprio Cda e dal governo. L'accordo prevedeva la vendita dell'intera partecipazione dell'IRI, pari al 64% del capitale, della SME e la cessione della Sidalm, a un prezzo in linea con quanto stabilito dalle perizie effettuate su richiesta dell'ente pubblico a soggetti terzi. Tale accordo non portò però ai suoi effetti. Nonostante l'approvazione all'unanimità del consiglio dell'IRI, fermamente intenzionata ad uscire dal settore alimentare, decisione appoggiata anche dal Comitato interministeriale per la Politica Industriale (CIPI), quanto stabilito saltò perché, alla fine, venne meno l'appoggio del governo, presieduto allora da Bettino Craxi, che vedeva come ministro per le Partecipazioni statali Clelio Darida, con cui il presidente dell'IRI aveva fino alla stipula dell'accordo relazionato sulla vicenda. 

Vi fu così un primo rinvio della decisione, causato dall'arrivo di una offerta anon
ima superiore del 10% di quella di De Benedetti poco prima dei termini a disposizione, seguita da una ulteriore offerta, da parte di Barilla, Berlusconi e Ferrero, davanti un'altra scadenza e da quelle di altri imprenditori. De Benedetti volle portare la questione con l'IRI in tribunale perché si sentì discriminato e pensò di poter far valere come contratto l'accordo firmato con Prodi. Dalla sentenza di primo grado, che diede torto alla Buitoni, scaturì il Processo SME, che vede imputati Silvio Berlusconi e altri per corruzione di giudici. Ciò nonostante, la sentenza in appello venne confermata, seppur criticandone le motivazioni addotte, e così anche in cassazione. 

Toccata da problematiche giudiziarie, da dispute politiche e senza un esplicito assenso governativo, la questione della privatizzazione della SME venne nei successivi anni messa completamente da parte, nel 1988 un nuovo intervento del CIPI riconsiderò strategico il mantenimento del gruppo. 

A distanza di molto tempo Berlusconi, nel corso del suo processo per corruzione di magistrati, è intervenuto in sua difesa con delle dichiarazioni spontanee in cui ha sostenuto di aver fatto un'opera meritoria con il suo intervento, risparmiando allo Stato un cattivo affare, introducendo dubbi sulla correttezza della cessione a De Benedetti e sul valore reale della partita. Ciò ha portato a una reazione di Prodi, allora presidente della Commissione, con la pubblicazione di comunicati stampa e documentazione in difesa del suo operato. 

La vendita della SME avvenne solo tra il 1993 e il 1996, non per intero, ma suddivisa in parti. I procedimenti giudiziari che hanno coinvolto Prodi sono stati quattro, in tre è presente l'ipotesi di reato d'abuso d'ufficio. Il primo è iniziato dalle denunce contro ignoti di Giovanni Fimiani, un imprenditore condannato per bancarotta, che ha attribuito il fallimento delle proprie imprese al comportamento assunto dall'IRI. Richiamata l'intesa preliminare del 1985 per la cessione della SME dall'IRI alla Buitoni, per tale ipotesi Prodi venne archiviato nel 1997, ritenendo i magistrati privi di attendibilità le accuse di complotto in danno e per i motivi avanzati dal denunciante, sottostanti al fallimento delle proprie aziende. Per la vendita della Italgel alla Nestlé i magistrati convengono nell'archiviazione (1999), il reato ipotizzato viene escluso e si riconosce che il prezzo pagato dal compratore sia stato determinato secondo le procedure richieste. 

Gli ultimi due casi riguardano la cessione della Cirio-Bertolli-De Rica e di parte di questa dalla Fisvi all'Unilever, che portò a una sentenza d'assoluzione nell'udienza preliminare, e delle consulenze che Prodi avrebbe svolto per Goldman Sachs e General Electric durante il mandato all'IRI, indagini seguite in conseguenza di un articolo di stampa, che parlava anche di evasione fiscale, di cui la magistratura dispose l'archiviazione nel 2002. 

Il caso Cirio 
Nell'ambito delle indagini per la vendita della Cirio-Bertolli-De Rica, Romano Prodi era indagato per abuso d'ufficio. Prodi era stato nel 1990 advisory director della Unilever NV (Rotterdam) e della Unilever PLC (Londra), gruppo che secondo le indagini aveva gestito la trattativa attraverso la Fisvi. Secondo l'accusa quindi Prodi avrebbe favorito la Fisvi, sebbene questa non avesse i mezzi finanziari per acquistare la Cirio-Bertolli-De Rica, in modo da agevolare indirettamente l'Unilever, aggirando così l'obbligo di conseguimento del miglior prezzo previsto dalle direttive CIPE. 


L'inchiesta fu nota dal 23 febbraio 1996 e portò a una sentenza di non luogo a
procedere nell'udienza preliminare il 22 dicembre 1997, con la più ampia formula di proscioglimento «perché il fatto non sussiste». Il GUP Eduardo Landi citò nelle motivazioni anche la riforma dell'abuso d'ufficio, varata pochi mesi prima (il 10 luglio) su iniziativa dell'Ulivo e votata anche dalla coalizione avversaria.
La riforma dell'abuso di ufficio era prevista nei programmi di tutte le forze politiche presentatesi alle elezioni del 1996. Il lavoro su questo argomento era già stato avviato da diversi gruppi parlamentari e dal Governo Dini fino alle elezioni dell'aprile '96. Il provvedimento nasceva quindi non per iniziativa governativa ma per iniziativa parlamentare. La riforma, fu, fin dal maggio del '96, oggetto di un confronto con i sindaci di tutti gli orientamenti politici che sollecitavano provvedimenti tesi a far superare difficoltà, resistenze e ostacoli che appesantivano il lavoro delle amministrazioni locali.
L'abuso di ufficio, così com'era allora configurato, conferiva ai giudici un ampio potere discrezionale di giudizio nei confronti delle scelte degli amministratori locali, determinando sovente rallentamenti anche molto rilevanti delle attività delle amministrazioni, per questo la necessità di provvedere a questa riforma raccoglieva il consenso unanime degli amministratori locali sia di centrodestra sia di centrosinistra.
Il giudice pronunciò una sentenza di non luogo a procedere con la più ampia formula di proscioglimento (il fatto non sussiste) e con l'acquisizione di una perizia d'ufficio che accertò la congruità del prezzo di vendita della parte della SME ceduta. La sentenza confermò la regolarità del procedimento seguito per la vendita ed il Giudice ha inoltre accertato che Prodi non aveva avuto rapporti con Unilever e aveva comunque già cessato il proprio rapporto con Goldman Sachs nel periodo in cui è avvenuta la cessione di CBD a favore di Fisvi, cui è seguita quella parziale per il settore "olio" in favore di Unilever.
Alcuni hanno criticato tale riforma e la sua relazione con l'indagine su Prodi. I giornalisti Peter Gomez e Marco Travaglio definiscono «per certi versi imbarazzante» il fatto che tra le motivazioni ci sia un riferimento alla legge varata dall'Ulivo, ma riconoscono che tale riferimento «non fu affatto decisivo per quella sentenza» in quanto Prodi fu prosciolto perché il fatto non sussisteva. Secondo Silvio Berlusconi invece «Prodi s'è salvato grazie all'amnistia e alla modifica dell'abuso d'ufficio. Quelle sì che furono leggi ad personam, quando lui doveva rispondere davanti ad un GIP dei finanziamenti che le sue partecipazioni statali davano alla DC» (21 gennaio 2006).
Tuttavia Romano Prodi non ha usufruito dell'amnistia e non è stato indagato per finanziamento illecito. 

Consulenze Nomisma 
In seguito alla sua prima elezione alla presidenza IRI nel 1982, a Prodi venne contestato di non aver abbandonato il ruolo di dirigente in Nomisma, configurando un potenziale conflitto di interessi. 
Negli anni successivi l'IRI stipulò alcuni contratti di consulenza con la società, che portarono a dubitare sulla trasparenza dell'operazione: in un primo processo, concluso nel 1988, Romano Prodi venne assolto con formula piena in quanto alla luce delle indagini non si configurava reato nel suo comportamento.

Il giudice Francesco Paolo Casavola che lo assolse dichiarò::«L'idea che le commesse siano state affidate perché a richiederle erano il presidente dell'Iri e il suo assistente alle società collegate è verosimile, ma non assume gli estremi di reato». 

Una seconda questione venne sollevata riguardo ad alcune consulenze nel settore Alta Velocità svolte da Nomisma tra il 1992 e il 1993. Prodi era stato scelto a partire dal 16 gennaio 1992 come "Garante del Sistema Alta Velocità" dai vertici delle Ferrovie dello Stato, con il compito di effettuare le valutazioni di impatto economico e ambientale legate alla costruzione della nuova rete TAV italiana. Una seconda commissione ("Comitato Nodi") composta dal professor Carlo Maria Guerci, da Giuseppe De Rita e dall'architetto Renzo Piano e presieduta da Susanna Agnelli, venne incaricata di elaborare un piano di riqualificazione delle strutture e dei servizi delle Ferrovie.
Prodi lasciò l'incarico di Garante il 20 maggio 1993 per tornare alla presidenza dell'IRI su richiesta dell'allora Presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi. Nel 1996 un'inchiesta sulla questione portò a una serie di 40 perquisizioni della Guardia di Finanza e al sequestro di numerosi documenti riguardanti la TAV, operazione disposta dal PM di Roma Giuseppa Geremia, e ad un'imputazione per concorso in abuso d'ufficio verso Ercole Incalza (ex amministratore della TAV) ed Emilio Maraini (ex-dirigente Italfer). Prodi non venne coinvolto direttamente in questa seconda inchiesta. In seguito ad un articolo polemico apparso sul Daily Telegraph in data 4 maggio 1999, a firma Ambrose Evans-Pritchard, l'Unione Europea ritenne di dover precisare la posizione di Prodi sulla questione, dichiarando che « Il Sig. Prodi non ebbe ruolo decisionale nell'assegnazione dei contratti a Nomisma. Inoltre, il Sig. Prodi non aveva alcun interesse, finanziario o altro, in Nomisma. Non era azionista e non copriva alcun ruolo operativo o decisionale nella compagnia. Era semplicemente il presidente del comitato scientifico della compagnia. » 

Commissioni parlamentari che coinvolgono Romano Prodi
La seduta spiritica nel caso Aldo Moro
Il 10 giugno 1981, Romano Prodi fu chiamato a testimoniare davanti alla Commissione Moro perché aveva dichiarato di aver partecipato, il 2 aprile 1978, a una seduta spiritica, durante un pranzo familiare in campagna con alcuni amici, tra i quali gli economisti Mario Baldassarri e Alberto Clò, quest'ultimo propositore dell'esperimento divinatorio e proprietario della casa. 

I commensali raccontarono agli inquirenti che nel corso della seduta spiritica, iniziata per gioco, alla domanda dov'è tenuto prigioniero Aldo Moro?, il piattino utilizzato avrebbe composto varie parole: prima alcune senza senso, poi Viterbo, Bolsena e Gradoli. Aldo Moro, rapito 17 giorni prima, il 16 marzo 1978, era al momento tenuto prigioniero dalle Brigate Rosse. Il professor Prodi, in seguito alla seduta, si recò a Roma il 4 aprile, e raccontò dell'indicazione al proprio conoscente Umberto Cavina, capo ufficio stampa dell'on. Benigno Zaccagnini.
Così riferì Prodi nel corso della testimonianza:
« Era un giorno di pioggia, facevamo il gioco del piattino, termine che conosco poco perché era la prima volta che vedevo cose del genere. Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli. Nessuno ci ha badato: poi in un atlante abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno sapeva qualcosa, e, visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa. Se non ci fosse stato quel nome sulla carta geografica, oppure se fosse stata Mantova o New York, nessuno avrebbe riferito. Il fatto è che il nome era sconosciuto e allora ho riferito. » 
(Stralcio della testimonianza di Romano Prodi davanti alla Commissione Moro, il 10 giugno 1981)

L'informazione fu ritenuta attendibile dal momento che, il 6 aprile, la questura di Viterbo, su ordine del Viminale, operò una perlustrazione sistematica del borgo medievale di Gradoli sito sulle rive del lago di Bolsena, alla ricerca della prigione di Moro. La vedova di Moro affermò di aver più volte indicato l'esistenza a Roma di una via Gradoli agli inquirenti, senza che questi estendessero le ricerche anche in quella direzione; circostanza confermata anche da altri parenti dello statista, ma energicamente smentita da Francesco Cossiga, all'epoca dei fatti ministro dell'interno. Fallito il blitz conseguente alla seduta spiritica, il 18 aprile i vigili del fuoco, a causa di una perdita d'acqua, scoprirono a Roma, in via Gradoli 96, un covo delle Brigate Rosse da poco abbandonato, che si sarebbe rivelato come la base operativa del capo della colonna romana delle BR, Mario Moretti, il quale aveva preso parte all'agguato di via Fani. 

Il caso venne riaperto nel 1998 dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo e le stragi. Il fine della commissione era accertare se la vicenda della seduta spiritica fosse in realtà un modo per celare la vera fonte del nome "Gradoli" (per esempio un informatore vicino alle BR) e capire se il nome "Gradoli" fosse stato comunicato con tanta celerità alle forze dell'ordine con lo scopo di salvare Moro. L'allora presidente del consiglio Prodi, dati gli impegni politici di poco precedenti alla caduta del suo governo nell'ottobre 1998, si disse indisponibile per ripetere l'audizione; si dissero disponibili Mario Baldassarri e Alberto Clò. Entrambi, pur ammettendo di non credere allo spiritismo e di non aver più effettuato sedute spiritiche dopo quella, confermarono la genuinità del risultato della seduta (alla critica sul fatto che qualcuno avrebbe potuto guidare il piattino, Clò sostenne che la parola "Gradoli", così come "Bolsena" e "Viterbo", si erano formate più volte e con partecipanti diversi) e dichiararono che né loro, né, per quanto ne sapevano, nessuno dei presenti (partecipanti al gioco del piattino o no) aveva conoscenze nell'ambiente dell'Autonomia bolognese o negli ambienti vicini alle BR. 
Successivamente si scoprirà che l'appartamento era già stato segnalato e tenuto sotto controllo dall'UCIGOS per diversi anni, in quanto frequentato precedentemente da esponenti di Potere operaio e Autonomia Operaia. Si scoprirà anche che alcuni esponenti del 'ndrangheta, contattati nel tentativo di trovare la prigione di Moro, avevano comunicato che la zona di via Gradoli era una "zona calda", e che questo avvertimento era già stato comunicato sia ai vertici della Democrazia Cristiana sia agli organi di polizia. 

Telekom Serbia
 

Con il nome giornalistico di Affare Telekom Serbia si intende la vicenda giudiziaria che riguarda l'acquisto di azioni dell'azienda telefonica Telekom Serbia da parte di Telecom Italia. Secondo la ricostruzione basata sulle dichiarazioni del faccendiere svizzero Igor Marini, nel corso di tale compravendita sarebbero state pagate delle tangenti ad esponenti del centrosinistra, tra le quali una supposta tangente di 125 mila dollari versata a Romano Prodi e Lamberto Dini. 
Tali accuse si rivelarono totalmente infondate e le prove chiave prodotte a loro supporto si rivelarono dei falsi. La commissione parlamentare istituita per fare luce sugli eventi dall'allora Governo Berlusconi II non formulò alcuna accusa diretta e non presentò al Parlamento la relazione finale. Nel 2005 l'indagine della Procura di Torino aperta nel 2001 sui vertici di Telecom del 1997 venne archiviata. 

Presunti rapporti col KGB
L'indicazione secondo la quale Romano Prodi sarebbe stato un uomo di riferimento del KGB in Italia si rifà alle affermazioni dell'eurodeputato inglese Gerald Batten dell'United Kingdom Independence Party, che sosteneva di averla ricevuta dalla spia russa Alexander Litvinenko, morto il 23 novembre 2006 per avvelenamento.
Batten, richiedendo un'inchiesta, dichiarava il 3 aprile 2006 davanti al Parlamento Europeo a Strasburgo: « un cittadino residente nel mio collegio elettorale, Alexander Litvinenko, è un ex tenente colonnello dell'FSB della Federazione russa, l'organismo che ha preso il posto del KGB. Avendo denunciato le attività illegali dell'FSB, il signor Litvinenko è stato costretto a cercare asilo politico all'estero; prima di scegliere il luogo in cui rifugiarsi, egli ha consultato il suo amico generale Anatoly Trofimov, ex vicedirettore dell'FSB. A quanto sembra, il generale Trofimov ha dato al signor Litvinenko il seguente consiglio: "Non andare in Italia, perché lì tra gli uomini politici ci sono molti agenti del KGB; il nostro agente in Italia è Romano Prodi". »
(Trascrizione delle dichiarazioni di Gerald Batten a Strasburgo il 3 aprile 2006Questo venne confermato dallo stesso Litvinenko in un documento video registrato nel febbraio 2006). 

Dopo la morte di Litvinienko, il 26 novembre, Carlo Bonini pubblicò sul quotidiano La Repubblica un'intervista, che questi aveva rilasciato il 3 marzo 2005, un anno prima delle dichiarazioni di Batten. Secondo lo stesso Bonini, l'intervista, che dovrebbe essere "on the record"
non è registrata su alcun supporto audio o video, ma è stenografata. In essa l'ex agente del KGB affermava che Mario Scaramella, il quale lo stava interrogando per conto della commissione Mitrokhin, insisteva per avere informazioni che potessero legare Prodi al rapimento di Moro o al KGB, ma che lui non aveva mai sentito parlare di Prodi e che non conosceva alcun dettaglio sul sequestro: « Mario mi raccontò che Prodi conosceva l'indirizzo dove le BR tenevano sequestrato Moro per averlo appreso durante una seduta spiritica. Mi chiese se non ritenevo che Prodi avesse appreso del covo dal KGB. Mi chiese anche se il sequestro non fosse stato organizzato dal KGB e se avesse addestrato le BR. Dissi che non conoscevo alcun dettaglio del sequestro e che non avevo mai sentito parlare di Prodi. Osservai soltanto che, se volevano il mio parere di esperto, era poco credibile che Prodi avesse appreso la notizia durante una seduta spiritica e che sicuramente il KGB aveva seguito il sequestro provando ad acquisire informazioni. Io non avevo e non ho nessun tipo di prove su Prodi.»
(E Litvinenko raccontò "Volevano sapere di Prodi", intervista a Aleksandr Litvinenko, "La Repubblica" 26 novembre 2006.) 

In un'intervista a La Repubblica che Oleg Gordievsky, ex agente del KGB e poi collaboratore del MI6 definì fabbricata al 90%, è stato scritto che Gordievsky sostenne di aver partecipato ad un incontro con Litvinienko e Scaramella in cui il primo avrebbe riportato le parole pronunciate da Anatoly Trofimov ("Prodi è un nostro uomo"). Gordievskij nell'intervista aggiunse che secondo lui Litvinienko stava mentendo e che l'informazione era stata attribuita ad una fonte, Anatolij Trofimov, che non avrebbe potuto in ogni caso smentirla in quanto era stato ucciso, sottolineando più volte la scarsa attendibilità dello stesso Scaramella. Gordievskij afferma anche che sia Scaramella che Guzzanti (presidente della commissione parlamentare d'inchiesta Mitrokhin), oltre ad alcuni eurodeputati inglesi, stavano facendo pressioni su di lui per avere informazioni che potessero legare Prodi ed altri politici della sinistra italiana al KGB (informazioni che lui non possedeva), e che Litvinienko, a causa di continue difficoltà economiche, aveva probabilmente deciso di riferire a Scaramella quello che quest'ultimo voleva sentirsi dire.
 

In un'intervista del 14 gennaio 2007 Gordievskij ha poi dichiarato:
« Io non ho poi mai saputo se Romano Prodi fosse o non fosse stato reclutato dal Quinto Dipartimento del Kgb, ma una cosa è certa e la ricordo benissimo; quando io ero a Mosca fra il 1981 e il 1982 Prodi era popolarissimo nel Kgb: erano entusiasti, lo trovavano in sintonia dalla parte dell'Unione Sovietica. » 
Dal momento che molte delle accuse mosse a Prodi non sono poi state supportate da prove reali i suoi sostenitori ritengono che vi sia in realtà stata, da parte dei suoi nemici politici, una precisa strategia volta a causare danni alla credibilità dello stesso Prodi attaccandone la reputazione (strategia che in inglese viene indicata come character assassination). Questo è quanto sarebbe emerso dalle intercettazioni telefoniche di Mario Scaramella, membro della commissione Mitrokhin il quale è stato successivamente arrestato per ordine della magistratura per i reati di traffico internazionale di armi e violazione del segreto d'ufficio. Secondo tale posizione uno strumento democratico come una Commissione parlamentare sarebbe stato utilizzato come mezzo di lotta politica. 

Il 22 gennaio 2008 la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, rispondendo alle richieste del GIP di Roma, ha però ritenuto non utilizzabili in quanto illegali le intercettazioni telefoniche che riguardano Paolo Guzzanti, tra cui quelle tra questo e Mario Scaramella. Lo stesso Scaramella nel febbraio 2008 è stato condannato (con un patteggiamento) a quattro anni di carcere per concorso in importazione, detenzione e porto di munizionamento da guerra, esplosivo e armi, e per il quello che riguarda il reato di calunnia nei confronti dell'ex agente del KGB Alexander Talik, accusato di voler organizzare un attentato contro di lui, il suo interprete e Paolo Guzzanti.

lunedì 8 aprile 2013

I FONDI E LA CASSA DEPOSITO E PRESTITI

I soldi appena stanziati in favore delle imprese finiranno in un fondo gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti, cioe' una entita' che e' partecipata dalle principali banche italiane.
Perche' le imprese possano ricevere i miliardi disponibili occorre che le amministrazioni locali inizino un complicato processo di compartecipazione alla CDP , che innanzitutto non e' obbligatorio, e in secondo luogo le indebita inibendo l'arrivo di nuovi fondi.
Poiche' le amministrazioni dovrebbero farlo usando il nuovo sistema informatico costruito ad hoc per fare questo, ed è disponibile solo per 2000 amministrazioni su 22.000, il processo di erogazione iniziera' intorno a settembre.
Il problema e' che per iniziare questa compartecipazione le amministrazioni locali DEVONO avere i soldi in cassa, e i soldi in cassa disponibili sono 14 miliardi in due anni.
Questa e' la cifra REALE che potrete vedere: 7 miliardi l'anno. Lo sblocco sara' esecutivo il 15 maggio, poi i comuni dovranno iniziare le procedure - ma non sono obbligati - e se gli va di buttare soldi nella CDP potranno comparteciparvi, avendo cosi' i soldi in cassa per pagare - senza sforare i patto di stabilita'.
Su 150 miliardi di debiti alle imprese, ve ne sono 40 che dovranno essere presi dal mercato, facendo altro debito. Pero', nei prossimi due anni non ne arriveranno -realisticamente- piu' di 14.
I rimanenti 26, ufficialmente, rimarranno in un fondo gestito dalla CDP, ma la CDP e' compartecipata da tutte le banche italiane, sia "direttamente" che attraverso le rispettive fondazioni.
Infatti, chi sono i partecipatori del CDP (Cassa Depositi e Prestiti)?
Società non quotate:
Andiamo a vedere cosa sia, per esempio,m  il "Fondo Italiano di Investimento SGR S.p.A.": chi sono i "soci"?
Il Fondo vero e proprio è stato finanziato con 1,2 miliardi di euro da Cassa Depositi e Prestiti, Banca Monte dei Paschi di Siena, Intesa-Sanpaolo, UniCredit Group, ICBP, Credito Valtellinese, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare dell'Emilia Romagna, UBI Banca e Banca di Cividalee Istituto Centrale Banche Popolari (1).
Ecco che cominciamo a capire per quale motivo il presidente di ABI trova bellissima questa legge, ed ecco come mai anche il Sole 24 Ore, giornale di Confindustria sembra cosi' felice del decreto. 26 miliardi finiscono in un fondo loro, in attesa che improbabili amministrazioni pubbliche li sblocchino facendo, di fatto, un debito con la CDP.
Ma guardate per esempio, di chi sia "Istituto di Credito Sportivo":
Il capitale dell’Istituto corrisponde ad una cifra pari a 9.554.452 euro suddivisa in quote del valore unitario di un Euro. Esso è ripartito fra i partecipanti secondo le seguenti percentuali:
Solo meno del 30% NON e' di proprieta' di banche. Di quel 30%, solo il 5 e mezzo circa e' del CONI, il resto e' di CDP.
Ma non finisce qui. Oltre alle banche, anche le fondazioni bancarie partecipano, anche se solo per pochi spiccioli ciascuna, al CDP:
Le fondazioni bancarie possiedono azioni privilegiate pari al 30% del capitale sociale[11].
Fondazione Numero di azioni Quota del capitale
Fondazione Monte dei Paschi di Siena 8 984 000 2,57 %
Compagnia di San Paolo 8 984 000 2,57 %
Fondazione CRT 8 984 000 2,57 %
Fondazione CR Provincie Lombarde 8 984 000 2,57 %
Fondazione CR Verona Vicenza Belluno e Ancona 8 984 000 2,57 %
Ente CR Firenze 3 600 000 1,03 %
Fondazione CR Padova e Rovigo 3 600 000 1,03 %
Fondazione CR Perugia 3 600 000 1,03 %
Fondazione CR Lucca 3 600 000 1,03 %
Fondazione Banco di Sardegna 3 600 000 1,03 %
Fondazione CR Bologna 3 600 000 1,03 %
Fondazione CR Cuneo 3 600 000 1,03 %
Fondazione CR Genova e Imperia 3 600 000 1,03 %
Fondazione CR Parma e Monte di Credito su Pegno di Busseto 3 600 000 1,03 %
Fondazione CR Venezia 2 500 000 0,71 %
Fondazione CR Alessandria 2 500 000 0,71 %
Fondazione Banca del Monte di Lombardia 2 500 000 0,71 %
Fondazione CR Forli 2 500 000 0,71 %
Fondazione CR Savona 1 650 000 0,47 %
Fondazione CR Trieste 1 500 000 0,43 %
Fondazione di Piacenza e Vigevano 1 500 000 0,43 %
Fondazione CR Ravenna 1 000 000 0,29 %
Fondazione CR Udine e Pordenone 800 000 0,23 %
Fondazione CR Provincia di Macerata 600 000 0,17 %
Fondazione CR Imola 500 000 0,14 %
Istituto Banco di Napoli Fondazione 500 000 0,14 %
Fondazione CR Carpi 500 000 0,14 %
Fondazione CR Biella 500 000 0,14 %
Fondazione CR Gorizia 500 000 0,14 %
Fondazione CR Modena 500 000 0,14 %
Fondazione CR Pistoia e Pescia 500 000 0,14 %
Fondazione CR Reggio Emilia Pietro Manodori 500 000 0,14 %
Fondazione CR Provincia dell'Aquila 500 000 0,14 %
Fondazione CR Terni e Narni 500 000 0,14 %
Fondazione CR Asti 500 000 0,14 %
Fondazione CR della Provincia di Teramo 500 000 0,14 %
Fondazione CR Bolzano 500 000 0,14 %
Fondazione CR Livorno 500 000 0,14 %
Fondazione CR Pesaro 400 000 0,11 %
Fondazione CR Mirandola 200 000 0,06 %
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna 200 000 0,06 %
Fondazione CR Vercelli 200 000 0,06 %
Fondazione CR della Spezia 200 000 0,06 %
Fondazione CR Provincia di Viterbo 200 000 0,06 %
Fondazione Banca del Monte di Lucca 200 000 0,06 %
Fondazione CR Jesi 150 000 0,04 %
Fondazione Banca del Monte Domenico Siniscalco Ceci 150 000 0,04 %
Fondazione CR Calabria e Lucania 150 000 0,04 %
Fondazione CR Tortona 100 000 0,03 %
Fondazione CR Fabriano e Cupramontana 100 000 0,03 %
Fondazione CR Orvieto 100 000 0,03 %
Fondazione CR Saluzzo 100 000 0,03 %
Fondazione CR Savigliano 100 000 0,03 %
Fondazione CR Spoleto 100 000 0,03 %
Fondazione CR Fossano 100 000 0,03 %
Fondazione CR Carrara 100 000 0,03 %
Fondazione CR Fano 100 000 0,03 %
Fondazione CR Fermo 100 000 0,03 %
Fondazione CR Ferrara 100 000 0,03 %
Fondazione CR Pescara e Loreto Aprutino 100 000 0,03 %
Fondazione CR e Banca del Monte di Lugo 100 000 0,03 %
Fondazione CR Rimini 100 000 0,03 %
Fondazione CR Cesena 100 000 0,03 %
Fondazione Banca del Monte e CR Faenza 50 000 0,01 %
Fondazione CR Bra 30 000 0,01 %
Ora cominciate a capire chi gestira' i soldi del "fondo per pagare i debiti alle aziende". Ben 26 miliardi di euro per almeno due anni in mano alle banche, e la stampa italiana  scrive che stanno pagando le aziende!
Ma saranno 26, come abbiamo visto, se tutti e 14 i miliardi che i comuni possono spendere saranno richiesti dalle amministrazioni indebitate.
In pratica, quei 40 miliardi finiranno alle banche in attesa che le amministrazioni si indebitino con la CDP per pagare i fornitori, cosa per la quale ci sono disponibili - ma solo il 10% delle amministrazioni e' integrata col sistema informatico del CDP - 14 miliardi in due anni.
Per cui, se le amministrazioni locali possono ritirare 14 miliardi in due anni, ma solo 2000 di esse su 22.000 sono iscritte al sistema informativo, significa, rebus sic stantibus, che poco più di UN MILIARDO andra' alle imprese.
E chi vigilera' su questo? Ovviamente, il CDA della Cassa Depositi e Prestiti, ovvero:
Ed allora, si può dire che sia una operazione di salvataggio nascosta, mediante una liquidita' che finira' alle banche in attesa di essere richiesta -onerosamente- dalle amministrazioni locali, che peraltro non sono obbligate a farlo.
Presto ce ne accorgeremo, a giugno arriveranno i bilanci di fine quarter o di fine semestre, e le banche presenteranno il conto.
Se queste previsioni si avvereranno, Grillo si ritroverà sotto il naso la porcata che ha detto di voler combattere, dopo che i giornali hanno venduto la notizia che si siano sbloccati i pagamenti per le aziende grazie al M5S.

venerdì 5 aprile 2013

IL FINTO SCONTRO GRILLI - PASSERA

di Uriel Fanelli
 
Tempo fa mi era stato chiesto di avvisare quando, a mia personale opinione, fosse venuto il momento di ritirare i soldi dalle banche italiane per metterli sotto il materasso. Bene, in questo momento c'e' un pasticcio tale che non posso identificare il rischio, ma dire che c'e' troppa confusione e che quando c'e' tutta questa confusione sotto il cielo, di solito prendono l'inQlata i correntisti. Magari non succedera', ma la situazione e' allarmante per poca chiarezza.
Mi riferisco alla storia dei 40 miliardi per i quali il governo ha chiesto  una deroga alla UE, per sforare il patto di stabilita'.
Inizialmente si era detto che quei soldi sarebbero andati alle banche, perche' a detta di Grilli le banche "avevano anticipato il credito". Peccato che i conti non tornavano, per diversi motivi.
Innanzitutto se parliamo di SBF - salvo buon fine - non avviene cessione del credito, e il creditore rimane l'azienda. In secondo, nessuno ricorda che le banche italiane abbiano la tendenza ad accettare cessioni del credito: che la banca accetti un credito in sofferenza anticipando i soldi e' rarissimo. Non fa parte del DNA delle banche italiane
Ci sono tante altre ambiguita' in questa storia.
Per prima cosa, se quei soldi oggi sono in cassa, non c'e' alcun bisogno di un provvedimento ad hoc per pagare le imprese. Non e' affatto chiaro come mai , a fronte di debiti gia' iscritti a bilancio e ad istanze di pagamento, sia necessario oggi un provvedimento ad hoc se i soldi sono in cassa. Si mandino in pagamento le fatture, sic et simpliciter: non e' un atto che richiede decreti del parlamento.
In secondo luogo non e' chiaro per quale motivo sia stata necessaria una luce verde dalla UE per questo. In ultima analisi quei soldi erano gia' iscritti a bilancio come debiti. Se anche si fosse fatto altro debito per coprire quei debiti, cambiava solo la voce di bilancio. Ma il fiscal compact e' arrivato DOPO che quelle voci sono state messe a bilancio come debiti. Non si capisce dove sarebbe la violazione o la deroga.
Queste erano le fumosita' - per niente chiarite da Grilli - che sono apparse subito. Ma adesso e' successo che quando il provvedimento - di cui non si capisce la necessita' - e' arrivato in parlamento e sono arrivate le prime richieste di mandare in pagamento PRIMA le aziende e POI le banche, e' stato ritirato per "chiarimenti" da chi lo aveva proposto.
In pratica, quel provvedimento andava benissimo quando tutti i soldi andavano alle banche per presunti "anticipi" e veniva approvato. Appena arrivato in parlamento, il provvedimento "non e' più chiaro".
Alcuni dicono che la decisione sia dovuta alla decisione di creare un fondo da cui i comuni/amministrazione  e le amministrazioni attingono, ma chi gestisce il fondo? E poi, se i comuni/amministrazioni non prendono i soldi dal fondo? La legge, infatti, dice che le amministrazioni che usano questo fondo si trovano poi penalizzate nel chiedere altri fondi allo stato. Si intende finanziare un fondo? In secondo luogo, e' perlomeno sospetta la fretta della UE, che di solito non si interessa di aziende , bensi' di banche, e incita il parlamento a "fate subito". http://www.repubblica.it/economia/2013/04/03/news/p_a_aumento_irpef_martone_non_risulta_agli_atti-55843663/?ref=HREC1-6
Ovviamente, se si dichiarasse ufficialmente che le banche italiane hanno bisogno di salvataggi, sarebbe un disastro. Probabilmente crollerebbe il rating del debito italiano, di sicuro quello delle banche italiane.  E' chiaro che se banche di GROSSE economie della zona euro necessiteranno di salvataggi, essi dovranno venire nascosti per non seminare il panico sui mercati.
Sospetto che questa operazione da 40 miliardi sia nata come un salvataggio bancario sotto mentite spoglie. Sospetto che, non volendo gettare sui mercati il macigno del "salvataggio delle banche italiane", si sia cercato (maldestramente e dilettantisticamente) di salvare le banche senza farlo notare.Ma questo significa che le banche italiane hanno buchi da sanare, per 40 miliardi. Piu' di quanto questa operazione possa coprire, dal momento che e' improbabile che dopo una simile notizia le banche possano rastrellare crediti verso lo stato fino a 40 miliardi, per coprire l'operazione. Essa sa di dilettantismo, e nel medio termine emergera' sui bilanci delle banche stesse. Puo' dare ossigeno alle banche per un quarter, cioe' fino a fine Giugno. 
Ovviamente potrei sbagliare. Ma , onestamente, con un sospetto di una spada di Damocle da 40 miliardi che svolazza sulle banche italiane, svuotare immediatamente i conti - almeno sino a quando non sara' chiara la situazione - e' l'unico consiglio che darei a chi ha risparmiato faticosamente due lire.
Quindi, via i liquidi dalle banche italiane, ALMENO sino a quando non sara' chiaro che diavolo succede a questi 40 miliardi, a chi sono andati, e cosa c'entravano DAVVERO le banche.
Se per disgrazia un QUALSIASI giornale finanziario americano esponesse dubbi simili ai miei, il panico esploderebbe, e rischiate di lasciarci i risparmi di una vita. Spero di sbagliare. Ma se sbagliero' su questo, il merito e' di chi sta gestendo questa vicenda in un modo assurdo, poco trasparente, che lascia pensare male, e che accampa scuse assurde per una operazione di pagamento che, se i soldi sono in cassa, non ha bisogno di provvedimenti del parlamento.
Il rischio, la fumosita' dell'operazione, e questo inutile ditirambo parlamentare fanno pensare cosi' male che, anche se io avessi torto, come spero, ritirare i soldi fino ad avere chiarezza e' l'unica decisione saggia di qualsiasi padre di famiglia. Non sto dicendo che succedera' qualcosa, e questa non e' una previsione. Ma in una situazione del genere , il worst case e' cosi' rischioso che oggi chi ha liquidi in banca sta giocando un qualche azzardo, e probabilmente chi deposita i soldi in una banca NON sta cercando azzardo, specialmente in questo periodo.
In una situazione che nasce poco chiara, col tentativo di non discutere il provvedimento, che non è chiaro perche' serve un provvedimento per fare ordinaria contabilita' -quale e' il pagamento dei fornitori- , con un provvedimento che torna indietro dopo che per chi lo proponeva si doveva approvare a porte chiuse, fidarsi e' impossibile.

AMATO, LA TRAGEDIA DI UN UOMO RIDICOLO



Cambiano i toni sul Volkischer Beobachter salmonato? Nelle edizioni pasquali si innesca un dibattito a partire dall'articolo di Capaldo: "Forse riusciamo ancora ad evitare di essere stritolati dal mostro che stiamo creando. Mi riferisco all'«Europa».
Giuseppe Guarino, giurista insigne, da anni sostiene che tutto quel che si sta facendo in questa materia è illegale. Le sue argomentazioni mi appaiono ineccepibili. Ma anche se così non fosse, resta il fatto che quel che stiamo facendo è sbagliato, drammaticamente sbagliato: ci stiamo costruendo da soli una trappola mortale. Ce la stiamo costruendo soprattutto noi Italiani che più degli altri avremmo interesse a ricusare ogni automatismo;"
Prosegue un dottor Sottile inedito (e sconcertante), che comincia a spostarsi verso la porta: "Le ragioni per sostenere che Cipro non fa precedente sono tante e sono evidenti le ragioni per le quali in questi giorni non si è fatto che elencarle e ribadirle.
I paesi debitori possono augurarsi che sia davvero così e con tutta probabilità lo è .., un pesante rastrellamento dei depositi bancari che fra l'altro avrebbe un ben diverso sapore quando riguardasse il risparmio diffuso di un paese
C'è qualcosa però che potrebbe fare precedente .. È .. «l'esasperazione degli stati creditori» [!!!!].. ora ogni debitore sa che dovrà giocarsi in primo luogo le ricchezze di cui dispone, quali che siano, per sistemare i suoi debiti. Solo allora arriverà un aiuto europeo. E sarà non l'Europa, ma il gruppo degli Stati più forti a decidere il se e il come.
Fra di noi soltanto un logorante negoziato che riguarda le azioni per ridurre i debiti pubblici, .. i paesi più forti che dettano le condizioni agli altri in un clima in cui cresce l'ostilità reciproca e cresce la nostalgia della sovranità monetaria perduta. Insomma, l'eurozona è vissuta come una gabbia
È pericoloso .. che ci si possa legittimamente chiedere [!!].. come sia potuto accadere che un progetto europeo costruito proprio per porre fine ad ogni conflitto fra la Germania e i suoi vicini, abbia finito per generare un esorbitante potere della Germania...
Uscire all'indietro non possiamo ed è bene che lo capiscano i nostalgici della sovranità monetaria. .. chi tentasse di recuperarla dopo aver condiviso una moneta comune sarebbe visto dai mercati come un reietto [!!] e i prezzi che pagherebbe sarebbero di gran lunga superiori ai benefici [!!].
La stabilizzazione dell'eurozona .. è tutta e soltanto finanziaria, mentre si aggravano le condizioni recessive che fanno percepire l'euro come una gabbia .. Di questo, e delle conseguenze che ne derivano anche a suo danno, chi sta meglio non sempre riesce a rendersi conto. Qualcuno deve aiutare la Germania a farlo e possono essere soltanto Francia e Italia insieme, se escono l'una dal torpore europeo in cui è caduta, l'altra dalla crisi politica in cui è immersa."
L'autocandidatura del dottor Sottile a presidente della Repubblica si becca questa risposta:
"Si susseguono le dichiarazioni sullo stato delle istituzioni europee comunitarie, alcune molto simili a un pentimento. Dire oggi che forse l'adesione all'euro è stata troppo frettolosa serve a ben poco, soprattutto se a gestire o solo suggerire che fare per uscire dalla "precipitazione" siano gli stessi autori o sostenitori della scelta non meditata. Abbiamo bisogno di una costituente che decida subito il da farsi, ma soprattutto che individui se è possibile fare ciò che deve essere fatto. Altrimenti, come extrema ratio, non resterebbe altro che decidere insieme un'uscita ordinata e governata dagli accordi presi, perché non possono essere ottemperati o perché non lo si vuole."