domenica 28 ottobre 2007

Da www.sciechimiche.org

Per "disinformazione" si intende: la consapevole diffusione di informazioni appositamente errate o distorte al fine di influenzare l'opinione pubblica su un determinato argomento. Per "disinformazione" si intende anche la totale mancanza di informazione riguardo un determinato argomento.
Chi si occupa di scie chimiche da tempo ha riscontrato una forte ostilità da parte dei media ufficiali nel parlare di questo problema. Il più delle volte, quando su una grossa testata giornalistica appare un articolo sulle "strane scie bianche nel cielo" si legge che esse sono le normali scie degli aerei e che non c'è da preoccuparsi: va tutto bene. Questa è disinformazione.
Ad affiancare queste parole confortanti parole non mancano di certo frasi denigratorie quali: "i complottisti pensano che…", "sono solo fantasie", "teorie della cospirazione", "strane teorie", "strane voci che circolano sul web", "teorie per lucrare sulla gente.. ", ecc. Questa è disinformazione.
Sovente, chi tenta di spiegare che le scie chimiche non esistono basa le proprie affermazioni su vaghe argomentazioni ignorando completamente molti aspetti del problema. Nei casi peggiori si riscontra un'insignificante ironia nei confronti di un problema che dovrebbe riguardare tutti e soprattutto, una grave mancanza di rispetto nei confronti di tutti i cittadini comuni che si adoperano per far emergere l'informazione. Screditando il fenomeno e le persone si tende a denigrare una realtà che sta davanti agli occhi di tutti. Questa è disinformazione.
In televisione, il problema delle scie bianche nel cielo non è mai stato affrontato. Il che è ancora peggio. Non un giornalista o un presentatore si è mai posto il problema di accennare al fatto che sulle nostre teste ci sono delle controverse scie bianche, causa di molte discussioni sul web. Questa è disinformazione.
Qualche telegiornale e quale programma ambientale ha proposto dei servizi riguardanti le scie degli aerei utilizzabili per prevedere il meteo o in correlazione all'inquinamento atmosferico. Questa è disinformazione.
Ma la disinformazione più subdola si nasconde dietro i messaggi subliminali, soprattutto se rivolti ai bambini. I messaggi subliminali sono informazioni che il cervello assimila a livello inconscio, senza che chi le riceve se ne rende conto. La maggior parte dei messaggi subliminali avviene attraverso l'uso di immagini o video, diffusi al fine di diffondere pensieri ed ideologie di qualsiasi natura.
Ad esempio, se in una scena di un film che stiamo seguendo viene ripreso un cielo con delle lunghe scie bianche nel cielo, probabilmente in quel momento non ci accorgiamo di quel particolare, poiché la nostra attenzione è concentrata altrove. Il nostro cervello, però,è in grado di assimilare quell'immagine. Se poi un'immagine simile la vediamo in una scena di un secondo film, poi di un terzo film, poi in uno spot pubblicitario, poi in un secondo spot pubblicitario, poi in una scena di un cartone animato per bambini, poi in un secondo film di animazione, poi in un servizio al Tg, poi in un secondo servizio al Tg, poi in una trasmissione televisiva con riprese all'aperto, poi in una seconda trasmissione, poi in un altro servizio televisivo ancora, poi in un manifesto pubblicitario nelle strade della nostra città, poi in un secondo manifesto pubblicitario, poi in una foto di un articolo su un quotidiano che parla di giardinaggio, poi in un secondo articolo, poi in un terzo ancora, poi tra le pagine di un giornale come sfondo di una pubblicità di elettrodomestici, poi in un secondo giornale, poi in una seconda pubblicità, poi in una terza ancora, e così via…
…a quel punto, molto probabilmente, il nostro cervello accetterà per reale un cielo pieno di lunghe scie bianche e quando ne vedremo uno così dal vivo non ne rimarremo minimamente stupiti.
Purtroppo, la massiccia campagna di disinformazione non si ferma qui. Evidentemente l'inserimento di immagini subliminali all'interno di prodotti destinati ai bambini non è abbastanza per far accettare le scie chimiche come fenomeno del tutto normale. Esistono dei programmi educativi attraverso i quali gli studenti di ogni età (dalle elementari alle superiori) imparano a riconoscere le nubi in modo originale e divertente. Nelle classificazioni delle nubi, stranamente, compaiono anche le contrails. I bambini imparano così che le scie di condensazione sono un fenomeno normalissimo, che esse possono essere persistenti e che sono innocue come lo sono le nuvole. Nell'imparare ciò, i divertimenti non mancano: parole crociate, giornate all'aria aperta a fotografare le numerose varietà di nuvole per poi creare calendari o atlanti delle nubi, quiz e altri giochi di vario genere. Imparano quindi a riconoscere le scie chimiche come normali scie degli aerei nel modo più semplice possibile: attraverso il gioco.
L'artefice di queste iniziative "educative" è la NASA (National Aeronautic and Space Administration), ente governativo americano responsabile del programma spaziale e la ricerca aerospaziale civile e militare. LA NASA, nota per l'impegno in missioni nello spazio e nell'esplorazione di Marte, esalta sul suo sito il fenomeno delle contrails. Come mai un ente spaziale così importante dedica uno spazio oltremisura alle "normalissime scie di condensazione"? Perché spiegare fino alla nausea come si formano le "contrail" come esse si possono classificare? Il fatto più curioso è che di nozioni tecniche ce ne sono ben poche, sostituite da spiegazioni molto vaghe. Questa non è forse disinformazione?
Come accennato, ci sono delle pagine "educative" dedicate ai giovani di ogni età, giochi, quiz e calendari al fine di spiegare, in anticipo, il fenomeno delle "contrails" (Progetto CERES S'COOL). In questo modo anche un bambino delle elementari sa riconoscere una scia di condensazione, nonostante essa non rispetti le leggi della fisica e nonostante sia lunga, a bassa quota e persistente delle ore. Questi progetti "educativi" sono stati divulgate anche in diverse scuole italiane. Perché i nostri figli devono essere abituati a riconoscere una scia chimica come una scia di condensazione? Perché questa campagna disinformativa sui nostri bambini?
Tutto ciò potrà sembrare inverosimile ma è bene che con le immagini piuttosto che alle parole, abbiate la possibilità di valutare da soli se effettivamente esiste una campagna di disinformazione creata ad arte e a nostra insaputa o se si tratta soltanto di semplici coincidenze.

UN PARTITO CRISTIANO DAVVERO 3

Oggi si festeggiano le nozze di Pierferdinando CASINI in Caltagirone, leader dell'UDC, ed è giusto ricordarne i suoi più stretti collaboratori, coloro che tra l'altro gli hanno consentito di rivestire un ruolo nazionale di primo piano:
Romano Saverio (Udc camera dei deputati), Indagato per concorso esterno in associazione mafiosa dopo le accuse del pentito Francesco Campanella;
Sodano Calogero (Udc senatore fino al 2006), condanna a complessivi anni 6 di reclusione per abusivismo edilizio, vari appalti truccati e per i veleni dell'acquedotto municipale;
Mannino Calogero (Udc senatore), Condannato in appello a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa;
Cesa Lorenzo (Udc camera dei deputati), Condannato nel 2001 a 3 anni e 3 mesi per corruzione: ha ammesso tangenti da centinaia di milioni per appalti Anas. Recentemente coinvolto pesantemente anche nelle indagini di Catanzaro 2007;
Cuffaro Salvatore (Udc ex senatore oggi presidente della Regione Sicilia), Imputato per favoreggiamento a Cosa Nostra. Chiesti 8 anni di reclusione dalla Procura di Palermo nel 2007.
Drago Giuseppe (Udc camera dei deputati), Condannato dal Tribunale di Palermo a 3 anni e 3 mesi di reclusione per peculato;
Mele Cosimo (già Udc camera dei deputati ora al Gruppo Misto), il 5 gennaio 1999 è stato arrestato con l'accusa di aver ottenuto tangenti in cambio di favori nell'assegnazione di appalti pubblici e assunzioni, di recente indagato per detenzione di cocaina;
Bonsignore Vito (Udc eurodeputato Udc), condannato a 2 anni di reclusione per tentata corruzione nella vicenda degli appalti all'ospedale di Asti;
Aldo Patriciello (Udc eurodeputato): Condannato per finanziamento illecito ai partiti;
Teresio Delfino (Udc camera dei deputati), indagato per associazione a delinquere e truffa nella gestione dell'Enoteca d'Italia;
Galati Giuseppe, (Udc camera dei deputati), coinvolto ma non indagato nello scandalo "cocaina e squillo" in Roma nel novembre del 2003, indagato nel 2007 a Catanzaro per associazione per delinquere ed altro.

venerdì 26 ottobre 2007

TUTTO TACE AI MONOPOLI

Ricorderete la notizia apparsa nel mese di agosto scorso che fece il giro di un'Italia ferragostana.
Secondo il rapporto di una commissione di inchiesta parlamentare e secondo gli uomini della Guardia di Finanza, tra imposte non pagate e multe non riscosse, le società di concessione delle slotmachine dovevano allo Stato 98 miliardi di euro.
I giornalisti Menduni e Sama, del Secolo XIX, avevano chiesto delucidazioni al direttore dei Monopoli di Stato Giorgio Tino, ma non erano riusciti, in nessun modo, a contattarlo.
Da parte dell'ente concessionario, in questi mesi, nessun cenno alla vicenda, nonostante numerose sollecitazioni.
Stesso comportamento veniva tenuto dal Ministro Visco alle richieste di chiarimenti provenienti sempre dal SecoloXIX.
Alle insistenze dei giornalisti, prima di chiudere la comunicazione, rispondeva così:"Non permettetevi di scrivere più" . E alla domanda dell'interlocutore "altrimenti?" chiariva con toni minacciosi: "Oltre alle conseguenze dell'azione legale intentata, ci saranno anche quelle per le querele che presenteremo noi".
Mi pongo una domanda: è calato il silenzio su una vicenda molto più interessante di un reality show, delle crisi premestruali di mastella o delle idiozie di Truffolo (l'ottavo nano). E' un bene?

giovedì 25 ottobre 2007

I CONTI DELLA CHIESA

di CURZIO MALTESE
"Quando sono arrivato alla Cei, nel 1986, si trovavano a malapena i soldi per pagare gli stipendi di quattro impiegati". Camillo Ruini non esagera. A metà anni Ottanta le finanze vaticane sono una scatola vuota e nera. Un anno dopo l'arrivo di Ruini alla Cei, soltanto il passaporto vaticano salva il presidente dello Ior, monsignor Paul Marcinkus, dall'arresto per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. La crisi economica è la ragione per cui Giovanni Paolo II chiama a Roma il giovane vescovo di Reggio Emilia, allora noto alle cronache solo per aver celebrato il matrimonio di Flavia Franzoni e Romano Prodi, ma dotato di talento manageriale.
Poche scelte si riveleranno più azzeccate. Nel "ventennio Ruini", segretario dall'86 e presidente dal '91, la Cei si è trasformata in una potenza economica, quindi mediatica e politica. In parallelo, il presidente dei vescovi ha assunto un ruolo centrale nel dibattito pubblico italiano e all'interno del Vaticano, come mai era avvenuto con i predecessori, fino a diventare il grande elettore di Benedetto XVI.
Le ragioni dell'ascesa di Ruini sono legate all'intelligenza, alla ferrea volontà e alle straordinarie qualità di organizzatore del personaggio. Ma un'altra chiave per leggerne la parabola si chiama "otto per mille". Un fiume di soldi che comincia a fluire nelle casse della Cei dalla primavera del 1990, quando entra a regime il prelievo diretto sull'Irpef, e sfocia ormai nel mare di un miliardo di euro all'anno. Ruini ne è il dominus incontrastato. Tolte le spese automatiche come gli stipendi dei preti, è il presidente della conferenza episcopale, attraverso pochi fidati collaboratori, ad avere l'ultima parola su ogni singola spesa, dalla riparazione di una canonica alla costruzione di una missione in Africa agli investimenti immobiliari e finanziari.
Dall'otto per mille, la voce più nota, parte l'inchiesta di Repubblica sul costo della chiesa cattolica per gli italiani. Il calcolo non è semplice, oltre che poco di moda. Assai meno di moda delle furenti diatribe sul costo della politica. Il "prezzo della casta" è ormai calcolato in quattro miliardi di euro all'anno. "Una mezza finanziaria" per "far mangiare il ceto politico". "L'equivalente di un Ponte sullo Stretto o di un Mose all'anno". Alla cifra dello scandalo, sbattuta in copertina da Il Mondo e altri giornali, sulla scia di La Casta di Rizzo e Stella e Il costo della democrazia di Salvi e Villone, si arriva sommando gli stipendi di 150 mila eletti dal popolo, dai parlamentari europei all'ultimo consigliere di comunità montane, più i compensi dei quasi trecentomila consulenti, le spese per il funzionamento dei ministeri, le pensioni dei politici, i rimborsi elettorali, i finanziamenti ai giornali di partito, le auto blu e altri privilegi, compresi buvette e barbiere di Montecitorio.
Per la par condicio bisognerebbe adottare al "costo della Chiesa" la stessa larghezza di vedute. Ma si arriverebbe a cifre faraoniche quanto approssimative, del genere strombazzato nei libelli e in certi siti anticlericali. Con più prudenza e realismo si può stabilire che la Chiesa cattolica costa in ogni caso ai contribuenti italiani almeno quanto il ceto politico. Oltre quattro miliardi di euro all'anno, tra finanziamenti diretti dello Stato e degli enti locali e mancato gettito fiscale.
La prima voce comprende il miliardo di euro dell'otto per mille, i 650 milioni per gli stipendi dei 22 mila insegnanti dell'ora di religione ("Un vecchio relitto concordatario che sarebbe da abolire", nell'opinione dello scrittore cattolico Vittorio Messori), altri 700 milioni versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità. Poi c'è la voce variabile dei finanziamenti ai Grandi Eventi, dal Giubileo (3500 miliardi di lire) all'ultimo raduno di Loreto (2,5 milioni di euro), per una media annua, nell'ultimo decennio, di 250 milioni. A questi due miliardi 600 milioni di contributi diretti alla Chiesa occorre aggiungere il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano, oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione Europea per "aiuti di Stato". L'elenco è immenso, nazionale e locale. Sempre con prudenza si può valutare in una forbice fra 400 ai 700 milioni il mancato incasso per l'Ici (stime "non di mercato" dell'associazione dei Comuni), in 500 milioni le esenzioni da Irap, Ires e altre imposte, in altri 600 milioni l'elusione fiscale legalizzata del mondo del turismo cattolico, che gestisce ogni anno da e per l'Italia un flusso di quaranta milioni di visitatori e pellegrini. Il totale supera i quattro miliardi all'anno, dunque una mezza finanziaria, un Ponte sullo Stretto o un Mose all'anno, più qualche decina di milioni.
La Chiesa cattolica, non eletta dal popolo e non sottoposta a vincoli democratici, costa agli italiani come il sistema politico. Soltanto agli italiani, almeno in queste dimensioni. Non ai francesi, agli spagnoli, ai tedeschi, agli americani, che pure pagano come noi il "costo della democrazia", magari con migliori risultati. Si può obiettare che gli italiani sono più contenti di dare i soldi ai preti che non ai politici, infatti se ne lamentano assai meno. In parte perché forse non lo sanno. Il meccanismo dell'otto per mille sull'Irpef, studiato a metà anni Ottanta da un fiscalista all'epoca "di sinistra" come Giulio Tremonti, consulente del governo Craxi, assegna alla Chiesa cattolica anche le donazioni non espresse, su base percentuale. Il 60 per cento dei contribuenti lascia in bianco la voce "otto per mille" ma grazie al 35 per cento che indica "Chiesa cattolica" fra le scelte ammesse (le altre sono Stato, Valdesi, Avventisti, Assemblee di Dio, Ebrei e Luterani), la Cei si accaparra quasi il 90 per cento del totale. Una mostruosità giuridica la definì già nell'84 sul Sole 24 Ore lo storico Piero Bellini. Ma pur considerando il meccanismo "facilitante" dell'otto per mille, rimane diffusa la convinzione che i soldi alla Chiesa siano ben destinati, con un ampio "ritorno sociale". Una mezza finanziaria, d'accordo, ma utile a ripagare il prezioso lavoro svolto dai sacerdoti sul territorio, la fatica quotidiana delle parrocchie nel tappare le falle sempre più evidenti del welfare, senza contare l'impegno nel Terzo Mondo. Tutti argomenti veri. Ma "quanto" veri?
Fare i conti in tasca al Vaticano è impresa disperata. Ma per capire dove finiscono i soldi degli italiani sarà pur lecito citare come fonte insospettabile la stessa Cei e il suo bilancio annuo sull'otto per mille. Su cinque euro versati dai contribuenti, la conferenza dei vescovi dichiara di spenderne uno per interventi di carità in Italia e all'estero (rispettivamente 12 e 8 per cento del totale). Gli altri quattro euro servono all'autofinanziamento. Prelevato il 35 per cento del totale per pagare gli stipendi ai circa 39 mila sacerdoti italiani, rimane ogni anno mezzo miliardo di euro che il vertice Cei distribuisce all'interno della Chiesa a suo insindacabile parere e senza alcun serio controllo, sotto voci generiche come "esigenze di culto", "spese di catechesi", attività finanziarie e immobiliari. Senza contare l'altro paradosso: se al "voto" dell'otto per mille fosse applicato il quorum della metà, la Chiesa non vedrebbe mai un euro. Nella cultura cattolica, in misura ben maggiore che nelle timidissime culture liberali e di sinistra, è in corso da anni un coraggioso, doloroso e censuratissimo dibattito sul "come" le gerarchie vaticane usano il danaro dell'otto per mille "per troncare e sopire il dissenso nella Chiesa". Una delle testimonianze migliori è il pamphlet "Chiesa padrona" di Roberto Beretta, scrittore e giornalista dell'Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Al capitolo "L'altra faccia dell'otto per mille", Beretta osserva: "Chi gestisce i danari dell'otto per mille ha conquistato un enorme potere, che pure ha importantissimi risvolti ecclesiali e teologici". Continua: "Quale vescovo per esempio - sapendo che poi dovrà ricorrere alla Cei per i soldi necessari a sistemare un seminario o a riparare la cattedrale - alzerà mai la mano in assemblea generale per contestare le posizioni della presidenza?". "E infatti - conclude l'autore - i soli che in Italia si permettono di parlare schiettamente sono alcuni dei vescovi emeriti, ovvero quelli ormai in pensione, che non hanno più niente da perdere...". A scorrere i resoconti dei convegni culturali e le pagine di "Chiesa padrona", rifiutato in blocco dall'editoria cattolica e non pervenuto nelle librerie religiose, si capisce che la critica al "dirigismo" e all'uso "ideologico" dell'otto per mille non è affatto nell'universo dei credenti.
Non mancano naturalmente i "vescovi in pensione", da Carlo Maria Martini, ormai esiliato volontario a Gerusalemme, a Giuseppe Casale, ex arcivescovo di Foggia, che descrive così il nuovo corso: "I vescovi non parlano più, aspettano l'input dai vertici... Quando fanno le nomine vescovili consultano tutti, laici, preti, monsignori, e poi fanno quello che vogliono loro, cioè chiunque salvo il nome che è stato indicato".
Il già citato Vittorio Messori ha lamentato più volte "il dirigismo", "il centralismo" e "lo strapotere raggiunto dalla burocrazia nella Chiesa". Alfredo Carlo Moro, giurista e fratello di Aldo, in uno degli ultimi interventi pubblici ha lanciato una sofferta accusa: "Assistiamo ormai a una carenza gravissima di discussione nella Chiesa, a un impressionante e clamoroso silenzio; delle riunioni della Cei si sa solo ciò che dichiara in principio il presidente; i teologi parlano solo quando sono perfettamente in linea, altrimenti tacciono". La Chiesa di vent'anni fa, quella in cui Camillo Ruini comincia la sua scalata, non ha i soldi per pagare gli impiegati della Cei, con le finanze scosse dagli scandali e svuotate dal sostegno a Solidarnosc. La cultura cattolica si sente derisa dall'egemonia di sinistra, ignorata dai giornali laici, espulsa dall'universo edonista delle tv commerciali, perfino ridotta in minoranza nella Rai riformata. Eppure è una Chiesa ancora viva, anzi vitalissima. Tanto pluralista da ospitare nel suo seno mille voci, dai teologi della liberazione agli ultra tradizionalisti seguaci di monsignor Lefebrve. Capace di riconoscere movimenti di massa, come Comunione e Liberazione, e di "scoprire" l'antimafia, con le omelie del cardinale Pappalardo, il lavoro di don Puglisi a Brancaccio, l'impegno di don Italo Calabrò contro la 'ndrangheta.
Dopo vent'anni di "cura Ruini" la Chiesa all'apparenza scoppia di salute. È assai più ricca e potente e ascoltata a Palazzo, governa l'agenda dei media e influisce sull'intero quadro politico, da An a Rifondazione, non più soltanto su uno. Nelle apparizioni televisive il clero è secondo soltanto al ceto politico. Si vantano folle oceaniche ai raduni cattolici, la moltiplicazione dei santi e dei santuari, i record di audience delle fiction di tema religioso. Le voci di dissenso sono sparite. Eppure le chiese e le sagrestie si svuotano, la crisi di vocazioni ha ridotto in vent'anni i preti da 60 a 39 mila, i sacramenti religiosi come il matrimonio e il battesimo sono in diminuzione. Il clero è vittima dell'illusoria equazione mediatica "visibilità uguale consenso", come il suo gemello separato, il ceto politico. Nella vita reale rischia d'inverarsi la terribile profezia lanciata trent'anni fa da un teologo progressista: "La Chiesa sta divenendo per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo". Quel teologo si chiamava Joseph Ratzinger

CLASS ACTION

Da qualche mese non si parla più della class action.
Eppure è la nostra salvezza contro le truffe perpetrate dalle multinazionali, dalla banche, dallo Stato, dalle compagnie telefoniche, dalle compagnie petrolifere. E’ semplicemente un’azione legale condotta da uno o più avvocati (studi legali) nell’interesse didiversi soggetti che sono incorsi nel medesimo problema. Esempi? Cirio, Parmalat, TangoBond, Banca di Roma, truffe miliardarie verso i cittadini.
Ma come dovrebbe essere una Class Action efficace?- Prima di tutto dovrebbe avere le stesse potenzialità di quella americana, filtrata dei possibili abusi che la stessa ammette.
- Ogni cittadino può farsi promotore della Class Action.
- La Class Action deve essere richiesta per qualunque atto illecito,omissione, inadempimento contrattuale che ha arrecato danni a unalto numero di cittadini. Tipici sono gli ambiti degli investimenti finanziari, assicurativi, telecomunicazioni, energia, salute, ecc.
- Prevedere una verifica preliminare da parte del giudice.
- Al fine di garantire che le proposte transattive siano compiute nell’esclusivo interesse della classe e non di quella degli studi legali che la seguono, le transazioni, per essere valide, devono essere votate dagli iscritti alla classe.
- In caso di transazione o di sentenza favorevole è previsto un meccanismo automatico di risarcimento gestito da un “curatore amministrativo” nominato dal giudice. Tutti i cittadini appartenenti alla definizione di classe (stabilita dal giudice) possono iscriversi per ottenere il risarcimento entro sei mesi dalla sentenza.
- Prevedere la possibilità di condannare l’azienda che ha commesso un illecito plurioffensivo non solo in rapporto al danno direttamente procurato, ma anche in rapporto al vantaggio economico ottenuto dall’azienda stessa.
- In caso di soccombenza della classe, nulla è dovuto agli avvocati che hanno avviato la class action, in caso di vittoria, la parcella è calcolata come percentuale dei risarcimenti ottenuti nella misura massima del 10%.
Cosa ha combinato il Governo? Prodi, Bersani, Rutelli, in varie occasioni su TV e giornali avevano preannunciato che non vogliono una Class Action all’americana, che tradotto vuol dire che non vogliono sentir parlare di proposte di legge presentate da Pedica (IdV), Poretti (RnP), Fabris (UDEUR), ma vogliono far approvare il ddl Bersani-Schioppa-Mastella che prevede:
1) il diritto di avviare la Class Action è riservato alle associazioni riconosciute dal Governo, cioè quelle che fanno parte del CNCU (pagate dallo Stato, le famose 16 sorelle). In questo modo si andrebbe a limitare il potere di questa legge, concedendo la facoltà di avviare la Class Action ad un’associazione che potrebbe non aver intenzione di avviare una causa contro chi gli versa i contributi pubblici. Tradotto, una Class Action controllata e filtrata dallo Stato. Non deve essere l’associazione a filtrare le Class Action, bensì il giudice.
2) Dopo aver vinto la Class Action, il singolo cittadino dovrà mettere mano al portafoglio e avviare un’azione giudiziaria per avere il risarcimento che gli spetta. Ed allora, a che serve la Class Action?
Per fortuna, il ddl si è arenato al Senato e per ora non se ne parla, ma è certo che bisogna vigilare...

giovedì 18 ottobre 2007

Tutte le battaglie di Beppe Grillo

da zeusnews.it
Oggi di va moda parlare male di Beppe Grillo: i milioni di elettori delle primarie sarebbero una risposta a Beppe Grillo, l'adunata romana di Fini la vera alternativa a Beppe Grillo, il nuovo movimento di Pezzotta la risposta ai problemi di Beppe Grillo e così via. Capita che perfino nelle prediche domenicali nelle chiese si senta parlare (senza che Grillo sia mai nominato) di profeti falsi che sanno solo criticare e che invece sono solo dei guitti.
Beppe Grillo da una parte non si cura molto di questo, ma dall'altra sembra fornire una risposta ai suoi detrattori e contribuisce a buttare benzina sul fuoco con l'uscita in libreria di un libro-antologia dal titolo "Tutte le battaglie di Beppe Grillo", autoprodotto grazie alla collaborazione con lo studio Casaleggio.
E' un libro che raccoglie in ordine cronologico (ma con un ricco e ragionato indice per nomi e argomenti in fondo) tutti i post più significativi, quelli che appunto hanno segnato le battaglie più importanti e le polemiche più discusse del blog di Beppe, fra i più letti nel mondo.
Il libro potrebbe avere anche un altro titolo: Io l'avevo detto. In effetti, un fil rouge collega le disparate battaglie che hanno preso le mosse dal blog: è il fatto che Grillo è stato uno dei pochi, isolato e incompreso, a parlare di certi argomenti, a portare avanti certe polemiche. In seguito altri, molti altri, gli stessi che lo criticavano per i toni esasperati, lo hanno poi seguito, ripreso, amplificato e imitato.
E' stato così per l'attacco forsennato al Governatore Fazio: per mandarlo via dalla sua carica Grillo ha raccolto soldi tra i lettori del suo blog per pubblicare un'intera pagina a pagamento su giornali italiani e stranieri in un momento in cui ancora il governo, i sindacati, il cardinale Ruini e l'opposizione si dividevano fra difensori, titubanti e debolmente critici. Oggi nemmeno il successore di Fazio Draghi degna di uno sguardo l'ex Governatore.
Poi c'è Tronchetti Provera: per anni preso di mira da Grillo, sbeffeggiato e accusato dai suoi post, mentre veniva onorato e riverito su tutti i media e in tutti gli ambienti. Oggi è stato costretto da una bufera finanziaria e giudiziaria a lasciare con ignominia Telecom Italia per rifugiarsi nella sua Pirelli.
Oppure pensiamo alla lotta per il Parlamento pulito, molto prima che la casta diventasse un best seller, e si mettessero in campo proposte in tutti gli ambiti per rinnovare e ripulire la politica. E non dimentichiamo gli inceneritori, prima dello spettacolo dei rifiuti bruciati per le strade in Campania che ha fatto il giro del mondo e stroncato la carriera di Bassolino.
Più recente è l'alleanza con Di Pietro (che sulla Tav la pensa in modo diametralmente opposto a Grillo ma che grazie a Grillo è diventato l'antimastella): l'unico che supera il 60% del gradimento degli italiani fra i ministri dell'impopolare governo Prodi.
Si può accusare Grillo di tutto, dall'incoerenza alla volgarità, dal qualunquismo alla demagogia, da blog ingovernabile alla mancanza di chiarezza sul suo futuro in politica o meno; ma è difficile non vedere che sul blog Grillo ha anticipato, scoperto e comunque denunciato con forza i maggiori bubboni italiani, le questioni più scottanti per la politica e la società italiana, quando tanti addetti ai lavori nella politica e nei media erano assenti o, peggio, conniventi.
Cosa Grillo farà da grande, cosa ne farà del consenso, della popolarità, del seguito che ha avuto finora, quali saranno le sue prossime mosse e le sue future battaglie? E' difficile saperlo; però finora il suo è stato un blog importante e anche utile.

mercoledì 17 ottobre 2007

UN PARTITO CRISTIANO DAVVERO (2)

E' un uomo politico italiano, ricopre dal 2005 l'incarico di segretario dell'UDC.
Nel 1992 Cesa fu indagato dalla Procura di Roma per abuso d'ufficio, insieme alla giunta del sindaco Franco Carraro, per presunti illeciti riguardo l'emissione di un finanziamento pari a 90 miliardi di lire destinato ad un incarico di censimento del patrimonio immobiliare del Comune. Cesa non viene condannato.
A partire dal 1993 ha avuto un processo intentato per concussione, accusato dai magistrati romani di aver riscosso una mazzetta di trecentomila euro per conto del ministro Gianni Prandini, subendo per questo in quell'anno un periodo d'incarcerazione, dopo alcuni giorni dall'ordinanza d'arresto. Inizialmente Cesa si sottrasse all'arresto, dal 6 all'8 marzo 1993, rimanendo due giorni in latitanza per poi consegnarsi spontaneamente al pubblico ministero.
Nelle fasi del processo ha ammesso il verificarsi del fatto, dichiarandosene però estraneo, in quanto i soldi non sarebbero stati destinati a lui ma a Prandini, all'epoca ministro dei lavori pubblici e presidente dell'Anas e all'ingegner Antonio Crespo (direttore generale dell'ente).
Cesa dichiarò di aver ricevuto [...] delle contropartite politiche da parte del ministro che sovvenzionava le nostre iniziative politiche.": il GUP riconobbe l' "ampia confessione dei fatti contestati".
Il 21 giugno 2001 è condannato in primo grado, insieme ad altri responsabili, a 3 anni e 3 mesi di reclusione per corruzione aggravata. Con lui, Prandini riceve una condanna a 6 anni e 4 mesi e a Crespo vengono dati 4 anni e 6 mesi. Le imputazioni confermate riguardano 750 miliardi di lire in appalti truccati, che hanno fruttato agli interessati 35 miliardi di lire in tangenti tra il 1986 e il 1993.
La Corte d'Appello ha annullato l'anno seguente la sentenza per aver riscontrato una incompatibilità del Gip: il Tribunale dei Ministri (assegnato per via del coinvolgimento dfel ministro Prandini), non può sostenere il ruolo accusatorio e deve restituire la causa al Gip di Roma, il quale dichiara gli atti del 2005 come "inutilizzabili" e dispone il "non luogo a procedere". Intanto, subentra la prescrizione del reato grazie alle modifiche alla legislazione attuate dal Governo Berlusconi.
Nel marzo 2006 è stato nuovamente indagato dalla procura di Catanzaro per truffa e associazione per delinquere, nell'inchiesta denominata "Poseidone": avrebbe "ottenuto illecita erogazione di circa 5 miliardi di lire" dalla Ue e dalla Regione Calabria per una società da lui fondata insieme al consigliere dell'Anas Giovanbattista Papello e a Fabio Schettini, ex capo della segreteria del commissario europeo Franco Frattini.
La Spb Optical Disk Srl, una sorta di scatola vuota messa in piedi - secondo l'accusa - solo per ricevere contributi comunitari in teoria destinati alla produzione di cd e di altro materiale informatico, e poi rivenduta a un altro imprenditore, il quale però si accorse che la società non era mai entrata in funzione, parte dei macchinari era ancora imballata, e la sede non aveva neppure superato tutti i collaudi. In compenso, era già indebitata. Il sospetto dei pm è che i quattrini destinati alla Optical fossero stati in realtà "reinvestiti" in un'altra impresa, la Data General Security Srl di Roma, riconducibile a un imprenditore siciliano, il massone Salvatore Di Gangi, e specializzata in sistemi di sicurezza: microspie, bonifiche telefoniche e ambientali. L'ufficio romano del Di Gangi era il punto di ritrovo abituale di Cesa, Schettini e Papello, nonché la sede della campagna elettorale di Cesa per le europee del 2004. I magistrati ipotizzano anche un vorticoso giro di tangenti a Forza Italia, Udc e An.
Ha destato infine reazioni critiche la sua proposta (seguita alla vicenda che ha visto il deputato Cosimo Mele coinvolto con delle prostitute) di istituire una specie di "indennità parlamentare contro le tentazioni" in modo che i parlamentari, spesso lontano dalla famiglia per motivi di lavoro, possano ottenere un contributo finanziario ulteriore, per fronteggiare i costi del trasferimento a Roma dell'intera famiglia. Ma questa è la parte migliore di Cesa...

UN PARTITO CRISTIANO DAVVERO

Deputato e dirigente dell'UDC dal 1996, è stato sottosegretario al Ministero delle Attività Produttive con il governo Berlusconi II e con il governo Berlusconi III, con delega a rappresentare il Ministero presso il CIPE e presso la Conferenza delle Regioni. Attualmente è segretario di presidenza della Camera dei Deputati.
Il suo nome è emerso alle cronache soprattutto per essere stato uno dei protagonisti, insieme ad Emilio Colombo e Gianfranco Miccichè, dell'inchiesta-scandalo sul giro di droga e prostituzione nella "Roma Bene" e risultando dalle indagini come consumatore abituale di cocaina, oltre che per essere finito nelle intercettazioni delle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia che hanno portato il 20 giugno 2007 alla chiusura per droga di un noto locale della Dolce Vita nei pressi di Via Veneto (Roma), poche settimane prima dello scandalo che ha coinvolto un altro deputato dell'UDC, Cosimo Mele. Nell'ordinanza del 19 novembre 2003 del Gip Luisanna Figliolia in cui si convalida l'arresto dello spacciatore Giuseppe Martello coinvolto nell'operazione antidroga della Procura della Repubblica di Roma, "emerge come Martello preservi a Galati, uomo di indubbia importanza, un trattamento particolare rendendosi disponibile a consegne anche in tarda notte, a consegne improvvise anche fuori Roma e non richiedendo mai un pagamento immediato".
Il 24 settembre 2007 ha sposato sul lago di Como la deputata Carolina Lussana della Lega Nord.
Il 15 ottobre scorso e' stato interrogato per circa tre ore dal sostituto procuratore di Catanzaro Salvatore Curcio, nell'ambito dell'inchiesta Poseidone sui presunti illeciti nell'erogazione di finanziamenti nel settore della depurazione in Calabria. Galati e' indagato per associazione a delinquere, truffa e violazione della Legge Anselmi sulle associazioni segrete. Il parlamentare era accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Giuseppe Gianzi e Sergio Rotundo. ''L'on. Galati - ha detto Rotundo al termine dell'interrogatorio - ha risposto alle domande del pm affrontando tutti gli argomenti che riguardano la sua posizione. Siamo sereni e attendiamo la valutazione del magistrato''. Poseidone e' l'inchiesta avviata dal sostituto procuratore Luigi De Magistris al quale fu revocata dal procuratore capo, Mariano Lombardi, dopo che il pm aveva inviato un'informazione di garanzia al sen. Giancarlo Pittelli, di Fi, senza informarlo. L'inchiesta sulla depurazione e' una delle tre sulle quali si sono concentrate le attenzioni degli ispettori del Ministero della Giustizia e che stanno alla base della richiesta di trasferimento di De Magistris avanzata al Csm dal ministro Clemente Mastella. Galati, nei mesi scorsi, aveva presentato alcuni esposti lamentando la sistematica divulgazione di atti riguardanti le indagini seguite da De Magistris e coperti dal segreto. Le indagini sui finanziamenti, per milioni di euro, destinati alla depurazione e' stata poi assegnata al sostituto procuratore Curcio. Secondo l'accusa originaria, nei finanziamenti vi sarebbe stato un intreccio di erogazioni in cui figurerebbero anche finanziamenti statali per la liquidazione dei quali, secondo l'ipotesi accusatoria, avrebbe svolto un ruolo, attraverso il Cipe, anche l'ex sottosegretario Galati.

REPRESSIONE ON LINE

di Massimo Gaggi

Corriere della Sera. (New York)
A chi l'accusa di fornire da anni alla dittatura birmana programmi e tecnologia per sottoporre a censura informazioni e opinioni che circolano via computer, Fortnet, un'azienda di Sunnyvale, nella Silicon Valley, risponde che non vende i suoi prodotti direttamente, ma attraverso società intermediarie. Non sa quindi molto dei clienti finali, anche se ritiene che siano essenzialmente aziende private che acquistano «filtri» da utilizzare, ad esempio, per impedire al loro personale di accedere a siti porno. Fortnet, però, non sa cosa replicare quando gli investigatori di Open Net Initiative, osservatorio creato dalle università di Harvard, Oxford, Cambridge e Toronto per monitorare lo «stato di salute» di Internet, obiettano che tempo fa il capo delle vendite della società è stato ripreso dalla tv birmana mentre incontrava il capo del governo del Paese asiatico. «No comment » anche da altre società californiane come Websense e Blue Coat System, la cui tecnologia è usata per censurare la rete in Paesi mediorientali come Yemen ed Emirati. Blue Coat, invece, ammette tranquillamente di lavorare per il governo dell'Arabia Saudita; anzi, sembra orgogliosa di assistere un alleato degli Usa, anche se il governo di Riad non è esattamente una democrazia. Per tenere sotto controllo il web, Singapore, altra dittatura che ha forti legami con l'Occidente, si affida invece a SurfControl, società a capitale britannico ma basata in California.
Quanto all'Iran, non è chiaro quale tecnologia usi oggi: in passato ha sicuramente basato le sue censure sul sistema SmartFilter di SecureComputing, ma la società americana sostiene che Teheran l'ha usato illegalmente e non dispone degli ultimi aggiornamenti del programma.La rivoluzione digitale di Internet ha aperto nuove frontiere di libertà nella circolazione delle informazioni ma, com'era forse inevitabile, ha anche spinto molti governi autoritari a cercare di neutralizzare gli aspetti democratici della rivoluzione digitale. Chi pensava che imbrigliare uno strumento universale come la rete equivalesse a tentare di svuotare il mare con un secchio, chi era convinto che il regime comunista cinese non sarebbe sopravvissuto all'avvento della comunicazione a banda larga, sta rivedendo i suoi giudizi: a Pechino il Pcc rimane al potere, mentre Internet è soggetto a una severissima sorveglianza. E i giganti americani di Internet — Microsoft, Google, Yahoo! e Cisco Systems — sono stati ribattezzati dagli internauti «la banda dei quattro» per la collaborazione offerta alle autorità di Pechino nei loro interventi repressivi, nel tentativo di non perdere il ricco mercato cinese. Quello della Cina è il caso più macroscopico e discusso, ma la censura su Internet si sta sviluppando a macchia d'olio in mezzo mondo.
Secondo Open Net Iniziative (Oni), alcune repubbliche dell'ex Urss — soprattutto Bielorussia, Tagikistan e Kirghizistan — hanno ripetutamente smantellato interi siti web o bloccato quelli controllati da forze di opposizione nei periodi che precedono le consultazioni elettorali. L'elenco degli altri Paesi che cercano in un modo o nell'altro di mettere la «museruola» a Internet è lungo e comprende, oltre a quelli già citati, Egitto, Cuba, Corea, Siria, Tunisia e Vietnam. Apparentemente, invece, Russia, Malesia, Israele e Venezuela non hanno programmi governativi di intervento nella rete.
Quanto all'Europa, secondo l'organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione, ben 24 Paesi su 56 intervengono in qualche modo per limitare l'attività di Internet. Ma quali sono le tecniche d'intervento più comuni? C'è chi scatena attacchi di hacker contro i siti che danno più fastidio e chi, come la Cina, gioca d'anticipo e impone a chi vuole operare nel suo Paese di esercitare un'autocensura preventiva sui contenuti. L'Iran, oltre a censurare, ha bloccato i sistemi di comunicazione a banda larga in modo da limitare l'afflusso e la velocità di circolazione di testi e video. La misura più drastica l'ha adottata la giunta militare birmana che nei giorni della protesta ispirata dai monaci buddisti è arrivata addirittura a disattivare l'intera rete.Misure estreme che fanno notizia. Si parla meno dell'ordinaria censura, quella di routine, in genere attivata utilizzando programmi e tecnologie sviluppate da società americane di quella stessa Silicon Valley che ha regalato al mondo la libertà della comunicazione universale «a portata di clic ». Gli studi fin qui condotti escludono i Paesi democratici dell'Occidente: si dà per scontato che qui i controlli, quando ci sono, servano a combattere il terrorismo o la pornografia, non a censurare la libertà di espressione. In realtà anche in Europa non tutto è scontato, come nel caso della Germania che blocca siti e messaggi filonazisti.
Al Congresso di Washington è stato appena presentato il Global Online Freedom Act, un progetto di legge che punta a evitare che l'America continui a esportare software destinato a un uso politico repressivo. Non esistono soluzioni semplici sul piano tecnico (il software usato dai governi è abbastanza simile a quello sviluppato per combattere intrusioni nelle reti aziendali e anche nelle utenze domestiche), ma anche su quello politico il quadro non è del tutto nitido. Tanto più che nemmeno il Congresso si può considerare davvero indenne da tentazioni censorie. Prendiamo il caso Wikipedia: la recente indagine dalla quale è emerso che moltissime voci dell'enciclopedia «spontanea» sono state alterate dall'intervento di entità come la Cia, il partito repubblicano, la chiesa cattolica e quella anglicana, è stata avviata da alcuni neolaureati del California Institute of Technology dopo aver scoperto che numerosi parlamentari Usa avevano ripulito le loro scheda che compare su Wikipedia.

Libertà per Cuba

di Alessandra Farkas

«Generación Y è un blog ispirato a gente come me, nata a Cuba negli anni 70 e 80 e segnata dai giocattoli russi, le fughe illegali e la frustrazione» scrive Yoani Sánchez in www.desdecuba.com/generaciony/, prima di tuffarsi in una accorata critica di Fidel Castro e del suo regime che «non capiscono nulla dei nostri problemi».
In http://havanascity.blogspot.com/ Tension Lia si affida alle immagini, più che alle parole, per denunciare il profondo degrado dei tesori architettonici dell’Avana, un tempo il gioiello dei Carabi. Yoani e Tension Lia sono la punta di diamante di un fenomeno in crescita a Cuba: i blogger indipendenti che si sono scavati una breccia nel muro censorio del regime castrista, riuscendo a trasmettere al mondo una versione quotidiana realista e incensurata della vita sotto Fidel. Un’impresa tutt’altro che facile nell’isola votata da Reporters sans Frontières «uno dei 13 Paesi nemici di Internet» - insieme, tra l’altro, a Cina, Arabia Saudita, Iran e Siria - , perché in vario modo tiranneggiano gli utenti Internet e reprimono la libertà di espressione online.
WEB AL BANDO - Per aggirare il Grande Fratello, la Sanchez si camuffa da turista, finge un accento tedesco e si infila nella hall degli sfarzosi alberghi della capitale. Poi si siede ai tavoli riservati agli stranieri e sborsa sei dollari all’ora – due settimane di stipendio medio per un cubano – per una connessione Internet non controllata che le consente di accedere al suo sito, rigorosamente ospitato da server esterni. I netizen che raggiunge col suo Generaciòn Y sono quasi tutti fuori Cuba. Non una sorpresa per un paese dove soltanto 200mila degli oltre 11 milioni di cittadini hanno accesso al World Wide Web: il numero più basso di tutta l’America Latina. Il governo dell’Avana ha praticamente messo al bando le connessioni Internet private e i cubani sono costretti a recarsi agli Internet point pubblici situati negli uffici postali, dove le attività online possono essere monitorate più facilmente. «Abbiamo un accesso limitato alla rete per colpa dell’embargo Usa contro l’isola», ripete da anni il governo cubano. Che non potendosi collegarsi alla dorsale sottomarina in fibra ottica che corre dodici miglia al largo dei cayos di Cuba, è costretto ad usare i ben più costosi collegamenti satellitari che l’allacciano al Web via Canada, Cile e Brasile.
I DISSIDENTI: «TUTTE SCUSE» - Ma secondo i dissidenti è tutta una scusa per mantenere il controllo totale sulla rete, attraverso software che avvertono la polizia qualora rilevi parole-chiave «sovversive». Il regime si adopera da anni perché giornalisti indipendenti e dissidenti non abbiano accesso ad Internet: per loro comunicare con l'estero è a dir poco rischioso. Scrivere articoli controrivoluzionari su siti esteri può portare in carcere per 20 anni. E cinque anni sono previsti per chi si collega ad Internet illegalmente. Ciò spiega come mai la maggior parte dei blogger è costretta a usare pseudonimi o a scrivere coperta dall’anonimato.

NUOVO V-DAY URGE

da Tiscali sport
È il 9 febbraio del 2005 e Luciano Moggi è in difficoltà a causa dell'intervista di Repubblica a Ermanno Pieroni, ex braccio presidente dell'Ancona. Personaggio assai discusso, Pieroni denuncia il marcio di un mondo di cui ha fatto parte e che in un primo tempo l'ha prima arricchito ma poi rovinato.
Il suo obiettivo è Big Luciano, il quadro che ricostruisce è molto simile a quello che sta emerso in questi giorni. Moggi pensa allora di rivolgersi al vecchio amico Clemente Mastella, affinché intervenga pubblicamente in sua difesa.
Una segreteria mette in contatto Pietro De Angelis, addetto stampa dell'attuale ministro della Giustizia, e Luciano Moggi. De Angelis sostiene di parlare per contro del suo principale. Il testo della telefonata (intercettata dalla polizia giudiziaria per conto della Procura di Napoli), effettuata alle 18 e 19, è il seguente:
Moggi: Pronto?
Donna: Presidente Moggi, buona sera! Le passo il Dottor De Angelis… addetto stampa del Presidente Mastella!
Moggi: Si grazie! Donna: Grazie!
De Angelis: Pronto?
Moggi: Sì, pronto!?
De Angelis: Eh…dottor Moggi, sono De Angelis!
Moggi: Salve De Angelis!
De Angelis: Mi diceva Mastella (inc.) di fare una cosa… però poiché io conoscevo poco la situazione le… avrei preparato una cosa di questo genere…
Moggi: Si!
De Angelis: Clemente mi diceva appunto di leggergliela… se stiamo fuori o no!… Tro… è Mastella che parla eh? (inc.) messaggio!
Moggi: Si! Si!Si! Si!
De Angelis: "Trovo poco corretto lanciare accuse, per altro senza l'onere della prova, attraverso l'intervista ai giornali … così il segretario dei popolari Udeur, Clemente Mastella commenta la polemica innescata dalle accuse dall'ex presidente dell'Ancona Ermanno Pieroni contro Luciano Moggi. Il calcio sta vivendo una lunga stagione di grave crisi e le insinuazioni contro il direttore generale della Juventus rappresentano un altro colpo mortale ad uno sport sul luogo del tracollo. Si tratta di affermazioni molto gravi che avrebbero meritato da parte di Pieroni un momento di maggiore riflessione ed è sospetto che vengano rilasciate mentre è in corso un'inchiesta giudiziaria che riguarda proprio l'Ancona".
Moggi: No! No! Diciamo che lui è stato rinviato a giudizio eh!
De Angelis: Eh, ma è stato già rinviato a giudizio?
Moggi: Si! Si! E' stato rinviato a giudizio per bancarotta …sia per l'Ancona e che…
De Angelis: "Ed è sospetto che vengano rilasciate mentre…"
Moggi: E lui è stato rinviato a giudizio… e per bancarotta…
De Angelis: Ma lui quando è stato rinviato a giudizio?
Moggi: Eh! in questi giorni!
De Angelis: Perché su Repubblica di oggi, vedevo che … eeeh… è un'indiscrezione… non è certa! Moggi: E va bene.
De Angelis: Questo glielo dico per evitare querele… questo è (inc.)
Moggi: Si… no! No! Anzi (inc.). E comunque…e comunque, lui è stato rinviato a giudizio per bancarotta sia per il Taranto…
De Angelis: Se comunque così può andare…
Moggi:…sia per il Taranto che…no…
De Angelis: Bisogna mettere qualcos'altro? Mi dica!
Moggi:(inc.) Nesi e Gallo hanno fatto un tipo di discorso di questo genere!
De Angelis: Umh!
Moggi: Dunque… eeeh… è antiestetico che praticamente un… eh… un soggetto del tipo di Pieroni… ora io te lo dico a grandi linee (inc.)…
De Angelis: Si! Si!
Moggi: Possa… possa avere spazi nella Rai … inserti… in quotidiani di importanza nazionale… in pratica anche tenendo conto dell'attuale situazione del… del medesimo, che è in… è stato… eh… giudicato… eh… è stato rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta e… con truffa allo Stato… però poi magari questa anche se non ce lo vuoi (inc.) di mezzo non ce lo mettemo… (...)
De Angelis: Ho capito! Va bene!
Moggi: Che poi… che poi la realtà è questa! E poi finiva dicendo che però… dunque… questa volta…il me…la giustizia è stata molto più felice dei mezzi di informazione perché di solito i bancarottieri… eeh… fuggono nei… nei panfili… e lui in pratica gli è stato… gli è stato portato via il panfilo… è rimasto… così hanno… hanno messo…
De Angelis: E d'accordo…(inc.) Va bene?
Moggi: Mi raccomando la faccia subito… poi magari avvisi anche i giornali che…
De Angelis: E certamente! Certamente! Certamente!
Moggi: Grazie eh!
De Angelis: Va bene! Prego…
Moggi: Arrivederci!

lunedì 15 ottobre 2007

CONSIDERAZIONI SUL V-DAY

di Paolo Barnard
Sta accadendo che noi, la Società Civile Organizzata di questo Paese, ci stiamo facendo annullare dai metodi e dalle strutture di rapporto di alcune personalità divenute nostri leader, e dal fumo negli occhi che costoro sono riusciti a soffiarci. Siamo ridotti oggi a poca cosa, ci stiamo auto consegnando all’irrilevanza, nonostante l’apparenza sulla superficie sembri dimostrare l’esatto contrario. Eravamo invece l’unica speranza rimasta a fronteggiare il trionfo internazionale del Sistema massmediatico e neoliberista, davvero l’ultima spiaggia. L’annullamento di quella speranza è per me una tragedia enorme, ma è indicibilmente più tragico che questa rovina si stia consumando per mano dei nostri stessi leader alternativi e con il nostro pieno ed euforico consenso. Questo, mentre il Sistema se ne sta tranquillo a guardare in piacevole stupore.
E’ accaduto che noi, gli antagonisti, abbiamo riprodotto al nostro interno le medesime strutture del Sistema che volevamo contrastare.
L’annullamento verticale.
Anche fra noi dilaga oggi la struttura chiamata Cultura della Visibilità, che è la cultura dei Personaggi, cioè dei Vip, e che nel nostro caso è rigorosamente alternativa, certo, ma sempre identica all’equivalente struttura del Sistema massmediatico. E cioè la nefasta separazione fra pochi onnipresenti famosi, e tanti seguaci. Ne siamo pervasi totalmente. I nostri Personaggi e gli eventi che essi gestiscono (i Grillo, Travaglio, Guzzanti, Strada, Zanotelli, Ciotti, Moretti ecc., con le loro marce, manifestazioni, spettacoli di piazza, film ecc.) producono singolarmente cose (talvolta) egregie, ma collettivamente fomentano quella struttura compiendo un danno devastante, e che pochi ancora comprendono nella sua ampiezza e implicazioni. Quale danno? Essi di fatto svuotano l’Io dei loro seguaci impedendogli di divenire singole entità autonome e potenti, rendendoli (rendendoci) un esercito di anime incapaci, dunque minando la Società Civile Organizzata e la speranza che essa rappresenta. Ecco come:
1) I Personaggi, ponendosi come tali, inevitabilmente ci trasmettono la sensazione di sapere sempre più di noi, di poter fare più di noi, di contare più di noi, di aver sempre più carisma di noi, più coraggio, più visibilità. E più sapere, capacità, importanza, carisma, coraggio e visibilità noi gli attribuiamo meno ne attribuiamo a noi stessi. Il paragone inevitabile fra la nostra (generalmente fragile) autostima e l’immagine di ‘grandezza’ dei Personaggi, fra il nostro limitato potere e quello invece di chi è famoso, è ciò che finisce per annullarci. Tantissimi di noi infatti pensano “ma da solo cosa posso mai fare? cosa conto? chi mi ascolta?”, e in sol colpo ci auto annulliamo. Smettiamo così di pensare e di agire autonomamente e corriamo ad affidarci ai suddetti Personaggi, che prontamente ci forniscono un pensare e un agire preconfezionati, che noi fotocopiamo in un’adesione adorante e acritica. E questa è, insieme, una rovina per noi e la salvezza del Sistema, per le ragioni che esporrò a breve.
Riguardatevi la folla del V-day di Bologna e ragionate solamente su tutte quelle mani alzate e sulle ovazioni. Cosa trasmettevano se non una colossale attribuzione di potere a coloro che cavalcavano quel palco? Abbiamo così ricreato una verticalità e nuove Caste. E’ tutto lì, la cosa peggiore è proprio questa. La loro imponenza, cultura, e visibilità rimpiccioliscono noi, che deleghiamo loro praticamente tutto. E infatti in assenza dei personaggi, delle loro analisi e delle loro iniziative, la maggioranza di noi diviene inerte, anzi, scompare. Ecco perché le migliaia di noi che si riversano nelle piazze ogni anno sembrano regolarmente sparire nel nulla all’indomani. Ecco perché questa Società Civile non cambierà alcunché.
Beppe Grillo, come tutti i trascinatori, fa crescere (o piuttosto fanatizza?) alcuni suoi attivi seguaci ma contemporaneamente svuota centinaia di migliaia, ed ecco il fumo che egli ci getta negli occhi quando ci convince invece che tanto sta accadendo. E non fatevi ingannare dal fatto che i nostri Personaggi denunciano cose spesso sacrosante, o che alcune loro iniziative sono anche benefiche. Questo vi oscura una visione più obiettiva, poiché siete assetati di qualcosa che finalmente spezzi il Sistema e vi gettate con entusiasmo sulla prima offerta disponibile che ‘suoni’ come giusta. Ma il giusto che costoro invocano e operano è ben poca cosa di fronte al danno che nell’insieme (e più o meno consapevolmente) essi causano attraverso l’annullamento di così tanti. Esattamente come nel caso, a voi noto, dell’ingannevole giustezza e natura benefica dei cosiddetti aiuti al Terzo Mondo: ineccepibili e sacrosanti all’apparenza, ma nella realtà essi sono la vera causa della rovina e della morte di milioni di derelitti nel mondo.
2) Tutti i sopraccitati Personaggi, dai comici ai preti ai giornalisti, hanno dato l’avvio in Italia a una forsennata industria della denuncia e dell’indignazione, ovvero la febbre della denuncia dei misfatti politici a mezzo stampa o editoria, con tanto di pubblici inquisitori che ne sfornano a ritmo incessante, nella incomprensibile convinzione che aggiungere la cinquecentesima denuncia alla quattrocentonovantanove in un martellamento ossessivo serva a cambiare l’Italia. Eppure, che la politica italiana fosse laida, ladra e corrotta, milioni di italiani lo sapevano benissimo già prima che molti di questi industriali dell’indignazione nascessero, e assai poco è cambiato. Allora, a che serve procedere compulsivamente ad aggiungere denuncia e denuncia e indignazione a indignazione? In realtà questo modo di agire serve a giustificare (oltre agli incassi degli autori) l’auto assoluzione di masse enormi di italiani, noi italiani come sempre entusiasti di incolpare qualcun altro, e mai noi stessi e la nostra becera inerzia, per ciò che accade. E badate bene che è proprio questa auto assoluzione scodellataci dai nostri Personaggi che ci annulla ulteriormente, poiché ci impedisce di imbatterci nell’unica verità in grado di farci agire, e cioè che alla fine della strada la responsabilità ultima per tutto quello che accade di sporco e corrotto in questo Paese è nostra. Direbbe Truman: The buck stops here.
La vera Casta in Italia sono i milioni di bravi cittadini che evadono più di 270 miliardi di euro all’anno, quelli che fanno politica una volta ogni cinque anni, quelli che ogni cinque anni consegnano masse di potere a pochi rappresentanti e poi si occupano solo dei fatti propri (come affidare a un bambino le chiavi del magazzino della Nutella e non controllarlo più, e poi lamentarsi che il bimbo ha finito col papparsela tutta). Ma anche quelli che, e parlo ora delle adoranti folle del V-day, si sentono 'belle anime' in lotta per Un Mondo Migliore perché si riversano nelle piazze ad applaudire l'istrione egomaniacale di turno, ma che chissà perché non compaiono mai nei luoghi del grigio vivere quotidiano a fare il lavoro noioso, paziente, un po' opaco dell'impegno civico, del controllo sui poteri, della partecipazione continua, del reclamo incessante di standard morali e democratici, e della creazione di consenso fra la vera Casta.E invece a braccetto con l’industria della denuncia e dell’indignazione ci auto assolviamo e ci ri-annulliamo. Si doveva fare altro.
La struttura orizzontale.
Solo Fonti, non Star. Dovevamo invece essere aiutati a crescere per divenire ciascuno singolarmente il Personaggio di se stesso, il Leader di se stesso, il Travaglio-Grillo-Ciotti-Zanotelli ecc. di se stesso. Dovevamo imparare a ‘scrivere’, ciascuno di noi a suo modo, il ‘libro’ della propria denuncia dei fatti e della propria analisi accurata dei fatti, dovevamo imparare a fare ogni giorno il nostro personale Tg, ad essere i presidenti del consiglio di noi stessi, i politici di noi stessi, unici e soli referenti di noi stessi, a credere solo nella propria verità, senza mai, mai e mai aderire acriticamente alla verità di alcuno, chiunque esso/a sia, qualunque sia la sua fama, provenienza, carisma o potere. Ciascuno di noi sul proprio palco, sotto i propri riflettori, in prima serata, non importa quanto colti, quanto intelligenti, quanto connessi, poiché l’unico motore del nostro agire doveva essere la fede nell’insostituibile importanza di ciascuno di noi.
Non dovevamo permettere la nascita di Star alternative perennemente citate, adorate, ospitate in tv, inseguite nelle piazze fin al delirio da stadio, e detentori del ‘cosa si deve fare’, se non addirittura dell’organizzazione nostro futuro. Semmai esse dovevano invece fungere da semplici individui che si mettevano a nostra disposizione unicamente come fonti. Semplici fonti, da consultare con sana distanza, da usare come si usa Google, ovvero pagine fra le tante di una enciclopedia che può esserci utile ma il cui ruolo doveva rimanere più modesto. A scintillare non dovevano essere i Grillo e i Travaglio, doveva essere ogni singola persona comune, per sé, in sé. Tutto ciò, in un rapporto sempre e solo orizzontale.
Solo il percorso sopraccitato avrebbe garantito la nascita di un insieme di cittadini capaci di agire sempre, indipendentemente da qualsiasi cosa, capaci di combattere anche da soli, anche in assenza dei trascinatori, per sé e con sé, dunque potenti, affidabili e durevoli, sani in una dialettica sociale sana. Gente in grado di analisi attente e indipendenti di ogni evento, alla ricerca della giusta soluzione, e che mai si farebbe trascinare dall’errore fatale dell’adesione acritica all’analisi di qualcun altro.
Il gregge e il precipizio.
Fra i nostri Vip alternativi si agitano alcuni personaggi meschinamente in malafede, ed è davanti agli occhi di tutti. Altri sono meno equivoci, ma tristemente incapaci di vedere una verità che vale la pena ripetere: non possono incitare le persone ad agire mentre, per i motivi sopraccitati, li svuotano della capacità di agire. Il V-day e i suoi Vip hanno offerto uno spettacolo indecente quando incitavano la cittadinanza a fare politica dopo averla per anni annullata fino all’intontimento. Ed eccolo l’intontimento risultante: sentiamo e accettiamo da costoro cose che solo pochi anni fa ci avrebbero fatto trasecolare e indignare, come:
- le proposte di omologazione culturale degli immigrati che neppure Le Pen ha mai fatto; - l’esaltazione del criminale di guerra Tony Blair come leader illuminato (sic) e della Fallaci come “unica vera giornalista italiana”; - la schedatura del DNA; - l’assoluzione delle condotte disumane e dei crimini internazionali d’Israele perché “sappiamo di cosa sono capaci gli arabi”; - l’inammissibile retorica sull’esistenza di un presunto ‘regime’ in Italia, che offende la memoria dei milioni che sono morti sotto le vere torture nelle vere carceri dei veri regimi, e che espone la frode di certi nostri attuali ‘oppositori del regime’ perennemente in prima serata Tv, o nei salotti letterari, o nelle piazze o sui maggiori quotidiani nazionali, quando non mi risulta che Steve Biko o Santiago Consalvi o ancor prima Gramsci o i fratelli Rosselli si siano mai opposti in quel modo ai rispettivi regimi; - e poi guazzabugli sgangherati di concetti come democrazia e partecipazione, con, solo per citare un esempio recentissimo, sconsolanti assurdità come questa (profferta da una fra i nostri idoli in prima serata): “L’Italia non è una democrazia, lo dimostra il fatto che dopo ogni inchiesta di Report non accade mai nulla!”. E’ desolante che questa opinion leader alternativa confonda una trasmissione Tv col risultato di un referendum. E’ a questo livello di competenza che affidiamo le nostre convinzioni? E non si tratta di bazzecole; immaginate solo come avrebbe ironizzato quella stessa opinion leader se Calderoli avesse detto “L’Italia non è una democrazia, lo dimostra il fatto che dopo ogni denuncia della Padania non accade mai nulla!”. - cadute di stile terribili, come l’augurio di morte al politico urlato dal palco e accolto dall’applauso scrosciante (sic) del pubblico dei ‘giusti e nuovi cittadini’; - tirate isteriche all’insegna del miglior imperialismo culturale in pieno stile Bush/Huntington spacciate per difesa dei diritti umani e della legalità in Afghanistan; - intolleranza ed esclusione delle opinioni dissidenti espresse dall’interno da parte dei grandi paladini anti imperialisti come Lettera 22 o Peacereporter o il Manifesto, o Diario, o Liberazione o Radio Popolare, esattamente come accadrebbe su Libero, il Foglio, Matrix o a Porta a Porta; - il noto programma d’inchiesta “coraggioso” che sopravvive e prospera 4 anni in prima serata Tv sotto il governo Berlusconi, mentre il noto ‘oppositore del regime’ pontifica che “chi non ha il guinzaglio in televisione in questo momento non lavora e chi ci lavora in un modo o nell’altro un suo guinzaglio ce l’ha….”, salvo poi rifiutarsi con spregio e arroganza di spiegare questa contraddizione; - il giornalista moralizzatore che salta dalla RAI a Mediaset alla RAI al parlamento europeo a suon di denaro pubblico e con mandato popolare, per poi dire grazie tante e piantarci in asso per riprendersi il suo giocattolo preferito alla faccia del nostro mandato e dei nostri soldi; - il quotidiano ‘diverso’ e i suoi fans che abbracciano l’eroe Calipari perché ha salvato una di loro, ma che alla domanda “cosa avreste detto di questo ‘sbirro’ se fosse morto salvando Quattrocchi o Agliana?” si rifiutano sia di rispondere che di aprire una riflessione tremendamente importante; - i preti attivisti che chiedono ai potenti del mondo il ripudio, senza se né ma, dell’imperialismo, del capitale selvaggio, dei mercati di armi, delle mafie, in quanto irriformabili e osceni, ma che non accennano ad alcun ripudio senza se né ma del loro Vaticano, non meno irriformabile e osceno; - gli insulti a raffica come strumento dialettico del nuovo Guru, in totale sintonia con le dialettiche ‘celoduriste’; - il pressappochismo delle denunce, le sparate nel mucchio, l’urlo come garante di affidabilità di un’affermazione, che ha rimpiazzato del tutto l’analisi critica con cui dovremmo sezionare ciascuna affermazione prima di promuoverla a verità. E tanto, tristemente, altro.
E noi in deliquio per questa roba, la chiamiamo rivoluzione, democrazia, giustizia.Ma proprio più nessuno si sta rendendo conto che il V-day è stato lo scioccante apogeo di questa disastrosa deriva? O che Beppe Grillo è andato fuori di testa, detto come va detto, che si sente e si pone come l’Unto del Signore che salverà l’Italia (vi ricorda qualcuno?). Quell’uomo dilaga e straripa e mescola e pasticcia e spara e si contraddice e impera e fa e disfa, e persino delira di un futuro a sua immagine per tutti, e ce lo sta imponendo a urli e insulti. Noi persone civicamente impegnate siamo finiti a berci tutto questo senza neppure più vederlo. E il pericolo è che un affidamento così sciagurato a figure così ipertrofiche con tali metodi e con quella struttura di relazione verticale ci sta portando tutti insieme nel baratro, al loro seguito.
I sonni tranquilli del Potere.
Vi prego di riflettere. Credete veramente che il Potere sia così sciocco e impreparato da poter essere, non dico sconfitto, ma anche solo disturbato da questo sgangherato esercito alla deriva? Ma credete veramente che coloro che in soli 35 anni hanno saputo ribaltare due secoli e mezzo di Storia, coloro che hanno reso di nuovo plausibile l’inimmaginabile nella quotidiana vita di 800 milioni di cittadini occidentali, coloro che muovono 1,5 trilioni di dollari di capitale al giorno, coloro che tengono ben salde nelle loro mani tutte le leve della nostra Esistenza Commerciale stiano perdendo anche un singolo secondo di sonno per noi e per i nostri Guru? Ma avete un’idea di come lavorano questi? Dovete capire, proprio visualizzare, il potere di chi è riuscito in un attimo della Storia a compattare migliaia di destre economiche eterogenee sotto un’unica egida e sotto un pugno di semplicissime ma ferree regole, per poi travolgere il pianeta ribaltandolo da cima a fondo. Il Potere è ed è stato coeso, annullando ogni individualismo fra i potenti, è ed è stato disciplinato all’inverosimile, ossessivamente preciso in ogni analisi, immensamente competente, sempre silenzioso, al lavoro 24 ore su 24 senza mai un respiro di pausa, comunicatore raffinato, con a disposizione i cervelli più abili del pianeta e mezzi colossali. Aprite gli occhi. Secondo voi questa immensa macchina infernale può preoccuparsi dell’incedere di un nugolo di personaggi o istrioni più o meno credibili con al seguito una minoranza di adepti/fans/seguaci persi nell’ingenua buona fede quando non già del tutto disattivati dei loro stessi leader? E allora capite la mia disperazione nel vedere che forze già così fragili e sparute come le nostre vengono eviscerate e si fanno eviscerare dall’interno? Vi prego, fermatevi, fermiamoci tutti.
L’unica speranza.
Dobbiamo fermarci, fermare tutta la nostra macchina di oppositori civici, Movimenti inclusi, e guardarci dentro. Forse non siamo tanto migliori o differenti dal Sistema che vorremmo contrastare, dalle persone che tanto detestiamo. Forse abbiamo replicato il loro sciagurato modello di rapporti, e per alcuni dei nostri leader alternativi vale la considerazione di Brecht che “Il nemico talvolta marcia alla vostra testa”. Io ho suggerito una strada, che è quella descritta precedentemente, e cioè il percorso di crescita individuale in consapevolezza e in autostima di ciascuna persona in assenza di Guru e di Vip, e in assoluta orizzontalità critica. Ma con un’aggiunta: è ora di piantarla con questa febbre autoassolutoria nutrita dall’industria della denuncia per nutrire le sue Star e che paralizza noi.
Lo sappiamo già alla nausea cosa non va, basta

venerdì 12 ottobre 2007

SVENDOPOLI

Da l'Espresso


Per capire 'svendopoli' bisogna iniziare il nostro viaggio da via Clitunno, nel quartiere Trieste. In questa strada immersa nel verde, ci sono due palazzi che facevano parte del patrimonio Ina-Assitalia e che rappresentano bene il confine tra i sommersi e i salvati delle dismissioni.
Lì abitava, prima della separazione, Pier Ferdinando Casini con la prima moglie Roberta Lubich e le due figlie minorenni. Nello stabile accanto abitava una coppia di dipendenti Assitalia: Davide Morchio e la moglie Maria Teresa. Negli anni Novanta le famiglie Morchio e Casini sono uguali: entrambi inquilini delle Generali, pagano un canone basso e sperano di poter comprare l'appartamento con lo sconto. Poi arrivano le vendite tanto attese e l'uguaglianza svanisce: la famiglia Lubich-Casini rileva a prezzi di saldo tutto il palazzo. Morchio insieme ad altre 19 famiglie deve andar via. Nessuna offerta per lui dalla nuova proprietà, che per ironia della sorte è Caltagirone, il nuovo suocero di Casini. Gran parte degli inquilini, come l'ex ministro verde Edo Ronchi che può permettersi di comprare lì vicino, lascia il campo. La famiglia Morchio invece resiste all'ufficiale giudiziario che chiede l'intervento della forza pubblica. "Abbiamo un contratto che ci dà il diritto di prelazione", spiega Davide Morchio, "ed è stato ignorato. Nel palazzo vicino hanno potuto comprare a prezzi di favore. È un'ingiustizia". Anche l'immobile dove vive la prima moglie di Casini è stato ceduto in blocco ma con una procedura atipica. Ha comprato a un prezzo basso, 1 milione e 750 mila euro, la Clitunno Spa, società creata appositamente da un manager bolognese di area Udc, amico di Casini e della prima moglie. Si chiama Franco Corlaita e ha già rivenduto tutto. Indovinate a chi? Alla famiglia Lubich. Nel novembre del 2006 la mamma di Roberta compra per 586 mila euro il secondo piano. Ad aprile del 2007 la prima moglie di Casini compra il piano terra, a 323 mila euro. Passano due mesi e il 21 giugno scorso l'operazione si chiude con la cessione alle due figlie minori di Casini del terzo piano (306 mila euro per 5 vani catastali) e del primo piano (8,5 vani per 586 mila euro).Casini partecipa all'atto (mediante un procuratore) in qualità di genitore anche se il notaio precisa che paga tutto la moglie. Per convincere il giudice tutelare ad autorizzare la stipula dell'atto, i genitori presentano una perizia da cui risulta che l'acquisto è 'molto conveniente'. Generali non fa una piega. Inutile dire che gli inquilini del palazzo vicino sono infuriati e ipotizzano una simulazione dietro questo strano giro. Nella sostanza, dicono, la famiglia Casini ha comprato con lo sconto e noi no. Alla beffa contro i vicini, si aggiunge quella agli inquilini, senza alcuna distinzione di rango. Al primo piano del palazzetto Lubich-Casini vive in affitto Roberto Barbieri, senatore del centrosinistra e presidente della Commissione parlamentare sui rifiuti. Paga un canone di ben 3 mila euro ma è stato trattato come gli altri. Nessuno gli ha detto che il suo appartamento è diventato della figlia di Casini. Nessuno gli ha proposto l'acquisto a 586 mila euro. Con tremila euro al mese avrebbe potuto accendere un mutuo per comprare. Invece a maggio del 2008 dovrà lasciare.
Anche il caso della famiglia Mastella dimostra che non sempre le società private sono così cattive. Il ministro della Giustizia abita all'ottavo piano di un palazzo sul lungotevere Flaminio che ha fatto la stesa trafila di quello di via Clitunno. Da Ina-Assitalia a Initium, società di Pirelli e Generali. Initium è proprietaria anche dei condomini di via Nicolai alla Balduina, dove abita l'ex ministro Baccini e di via Visconti a Prati, dove vive Francesco Cossiga. Gli inquilini di questi palazzi non sono stati trattati come quelli di via Clitunno. Stavolta Initium ha concesso prelazione e sconto. Così nel 2004 Baccini ha comprato la sua reggia da 15 vani, due terrazze e 4 bagni per 875 mila euro e Cossiga è diventato proprietario di casa, soffitta e magazzino per 710 mila euro.
Nel caso di Mastella però Initium ha fatto di più. Il 3 dicembre del 2004 nello studio del notaio Claudio Togna (dell'Udeur anche lui) c'era una riunione familiare. I Mastella al gran completo facevano la fila per stipulare atti e il povero Togna sfornava atti come una pizzeria di Ceppaloni. Sandra Mastella ha comprato l'appartamento dove dorme il marito e si è impegnata a prendere la residenza lì per ottenere le agevolazioni fiscali. Per lei un ottimo affare: 500 mila euro per un appartamento che include una veranda abusiva (condonata) e la terrazza su tre lati che guarda il Tevere e Monte Mario dall'ottavo piano. Subito dopo la moglie del ministro ecco arrivare i figli Elio e Pellegrino. Comprano altri quattro appartamenti, due a testa. I prezzi erano davvero allettanti. A Pellegrino vanno il primo piano da 4,5 vani per 175 mila euro e altri 6 vani al quarto piano per 300 mila euro. Va ancora meglio al fratello che si accaparra un terzo piano con 5,5 vani per soli 200 mila euro e un miniappartamento con ingresso, camera, bagno e terrazza a livello per 67.500 euro, nemmeno il costo di un box in periferia. Le case sono state pagate in gran parte grazie ai mutui concessi da San Paolo (400 mila euro alla moglie) e Bnl (un milione e 100 mila euro ai figli che dovranno versare una rata mensile di 6.430 euro).
E che nessuno vada in giro più a dire che Initium è cattiva con gli inquilini. Anche Francesca Proietti, socia di Daniela Fini e figlia di Francesco, deputato di An e braccio destro di Gianfranco, ha comprato un appartamento a un prezzo d'occasione: 267 mila euro per un secondo piano con terrazza su tre lati, salone e due camere all'Eur.
Sempre dal patrimonio ex Ina arrivano gli immobili di Nicola Mancino e Luciano Violante. L'ex magistrato torinese ha pagato con la moglie 327 mila euro nel 2003 un gioiello incastonato tra i Fori Imperiali e piazza Venezia: due terrazzette, tre livelli e una settantina di metri quadrati coperti.Nicola Mancino ha comprato insieme alla figlia Chiara nel 2001 una dimora da 10 vani più una soffitta autonoma su Corso Rinascimento, a due passi dal Senato per 1 miliardo e 550 mila lire del vecchio conio.
Sempre dal gruppo Pirelli Giuliano Ferrara ha acquistato l'appartamento ex Ina da 7,5 vani in piazza dell'Emporio al Testaccio nel palazzo che un tempo veniva chiamato 'il Cremlino' per l'alta percentuale di comunisti. Ferrara, che un tempo tuonava contro De Mita per il suo affitto a Fontana di Trevi, ha rilevato un sesto piano con terrazzo a 890 mila euro.
Molto più bassi i prezzi praticati dagli enti previdenziali. Grazie al doppio sconto (30 per cento più 15 a chi compra tutto il palazzo) le parlamentari Franca Chiaromonte e Maura Cossutta hanno stipulato un atto collettivo per due appartamenti in via della stazione San Pietro rispettivamente per 113 mila e 165 mila euro.
Notevole anche il caso di Raffaele Bonanni. Il segretario della Cisl ha conquistato nel 2005 un grande appartamento dell'Inps al sesto piano in via del Perugino, nel cuore del quartiere Flaminio: otto vani a 201 mila euro. Con quella cifra in zona si compra solo un garage.
L'anno scorso ha fatto il colpo del secolo anche l'ex ministro e deputato della Margherita siciliana Totò Cardinale. In via degli Avignonesi, una strada bellissima tra il Tritone e via Veneto, ha messo le mani su un terzo piano da otto vani con affaccio su via delle Quattro Fontane : un gioiellino da due milioni sul mercato libero portato via per 844 mila euro.
L'ultimo è stato Franco Marini. Il presidente del Senato ha stipulato il rogito il 23 aprile scorso. Un milione di euro per aggiudicarsi la casa assegnata alla moglie dall'Inpdai in via Lima: due livelli per 14 vani nel cuore dei Parioli. Se Marini è il politico che ha pagato il prezzo più alto (per una casa che vale comunque il doppio) l'oscar del rapporto qualità-prezzo spetta al senatore Udc Francesco Pionati.
L'uomo che ha sfornato per anni pastoni per i telespettatori del Tg1 ha comprato un attico e superattico da favola in via Traversari. L'appartamento è aggrappato alla collina di Monteverde ed è affacciato su Trastevere. Grazie al solito doppio sconto ha speso un'inezia. L'allora mezzobusto del Tg uno aveva fatto ricorso al Tar per ridurre ulteriormente la valutazione e in Parlamento gli amici dell'Udc avevano presentato pure un'interrogazione parlamentare per contestare il prezzo esorbitante: 509 milioni di lire nel 2001 per 10 vani con doppia terrazza.

LA VITA DELUXE DEL COMPAGNO FAUSTO

di Luca Telese
Cravatte griffate, e sgraffignate. E, per di più, alla Terza Autorità dello Stato, sua eccellenza Fausto Bertinotti. Fantastico: non è un gioco di parole, non è uno scherzo, è tutto vero. E i lettori per una volta ci scuseranno – quindi - se su questo giornale solidamente e montanellianamente legalitario, per una volta si tesse l’elogio di un esproprio “proletario”, o - meglio ancora – di un “esproprio presidenziale”. Perché merita sicuramente un premio l’anonimo compagno che venerdì scorso, nella sede di Rifondazione in via Barberini, ha eroicamente trafugato cinque cravatte della collezione “Autunno inverno” - confezione esclusiva con cucitura a mano - inviate in omaggio da uno degli stilisti più à la page della moda milanese, Luca Roda, al presidente della Camera che (un tempo) si commuoveva per gli operai e per gli scioperi, e che (adesso) si deprime per l’assortimento del proprio guardaroba. Una volta esplorati questi dettagli, dunque, è chiaro che il fatto non può essere degradato alla volgare fattispecie del furto, ma deve essere elevato al rango più alto del gesto pedagogico ed educativo. Una sottrazione di cravatte – cinque, tre regimental in seta, su toni di blu e rosso, due in cachemire - celebrata con discrezione ed eroico tempismo, non per nuocere a Bertinotti, ma sicuramente per aiutarlo a ravvedersi. Non per invidia, dunque, ma in fondo per amore.L’anonimo compagno che si è visto arrivare nella sede del partito l’elegante scatola bianca con carta crema e cordoncino beige chicchissimo, infatti, ha provveduto a far sparire prontamente i reperti sartoriali che testimoniavano un ennesimo segnale di cedimento dell’ex “subcomandante” Fausto alle mollezze del Palazzo. A fare lo scoop è stato il Corriere della sera, che ieri però, ha nascosto l’esilarante cronaca di Giovanna Cavalli nientemeno che a pagina 13. Meraviglioso anche l’epilogo riferito dalla brillantissima firma di via Solferino. Bertinotti, dopo aver chiamato lo stilista contrariato (“Sai, mi è successa una cosa spiacevole...”) non si è lamentato per il danno pecuniario (circa 600 euro, quisquilie), ma per la sede in cui si è celebrato. E incurante dell’avvertimento, non ha cercato l’anonimo per festeggiarlo e ravvedersi, ma ha chiamato l’atelier sulla riva del Garda, per chiedere che il prossimo pacco non sia recapitato nell’ormai insicura sede di Rifondazione, ma al più istituzionale e rassicurante ufficio postale di Montecitorio. Un segnale simbolico - a ben vedere - di un cambio di ragione sociale. Certo, l’anonimo compagno pedagogo, ha più di un motivo per giustificare il suo gesto. Da tempo Bertinotti ha avviato una operazione di mutazione tanto straordinaria quanto interessante. Dapprima l’acquisto della villa con piscina a Massa Martana, che noi consideriamo molto confortevole, ma che il vecchio Bertinotti (il ragazzo di Varallo Pombia che si appassionava alla lotta di classe e non firmava i contratti), avrebbe considerato sconveniente. Stavolta Fausto ha firmato il contratto, e celebrato il rogito. Poi c’è stata la dimessa visita al monte Athos, molto discreta e quasi mistica (peccato che celebrata davanti ad una telecamera del Tg1). Quindi abbiamo seguito la polemica di Donna Lella Fanio in Bertinotti - la first lady! – che il 24 agosto ha scritto furibonda a La Stampa per protestare contro una battuta irriguardosa del comico Bertolino, che era arrivata a fare del sarcasmo su un pranzo mondano con Valeria Marini. Quindi si era aggiunta la capziosa polemica sui presunti “aerei blu” del presidente della Camera, tutto per un innocente volo di Stato che ha accompagnato Bertinotti nella sua sede di vacanza in Bretagna (e che sarà mai), e le malizie del mitico Magazine di Maria Luisa Agnese, che si è divertito ad almanaccare uno straordinario scambio di cortesie. Quando Bertinotti si era ritrovato appiedato in Egitto (per via di uno stop di manutenzione del suo aereo), il munifico presidente Mubarak, gli ha dato un passaggio con il suo aereo di Stato, permettendogli di visitare, malgrado il contrattempo, Karnak e Luxor (tecnicamente si tratta pur sempre di “avio-stop”, roba da beat generation). E quindi l’ultima malignità. Perfida, perché accostata a ciò che un uomo ha di più sacro. La sottolineatura greve di chi aveva notato una elegante omissione nel bollettino medico sulla rimozione della prostata presidenziale. Bertinotti si era operato “in una clinica romana”, ci informava l’ufficio stampa di Montecitorio, trascurando – giustamente – il dettaglio morboso che Fausto, grande sostenitore del sistema sanitario nazionale, lo aveva fatto in una clinica privata. La sfortuna voleva che l’eroico Giuliano Amato, follemente spericolato, solo due giorni dopo si fosse affidato (per il medesimo intervento) a una struttura pubblica: il policlinico di Tor Vergata. La vicinanza dei due eventi chirurgici, aveva fatto nascere, in Transatlantico, la distinzione capziosa e certo irriguardosa fra “prostata socialista” (Amato) e “prostata presidenziale” (quella di Berty). Così, al presidente della Camera, molto sommessamente, vorremmo consigliare di non cambiare indirizzo, di tornare l’uomo che scriveva a il Messaggero meticolose lettere di smentita su illazioni vergognose (“Non ho mai comprato nessun maglione cachemire, ne ho uno solo, che mi è stato regalato da un gruppo di compagne”) e tornasse nel “covo” di via Barberini, la sede del suo partito, per un gesto esemplare. Farsi restituire il cachemire espropriato: ma perdonare il compagno pedagogo che ha provato inutilmente a redimerlo.

L'ALTRA CASTA

di Francesco Grignetti
E’ una ben strana Casta, quella dei magistrati italiani, che presiede a una Giustizia, che, sono loro a dirlo, è comatosa, sfasciata, terremotata. Un po’ fa ridere, e un po’ piangere, il sarcasmo di Francesco Greco, celebre pm milanese, quando dice che in Italia le procedure per arrivare a un divorzio a volte sono impossibili «e allora è più facile uccidere la moglie». Già, le famose cause infinite per ottenere giustizia in sede civile. «L’apparato giudiziario sembra la spiaggia di Phuket dove è passato lo Tsunami». L’ arretrato, nel civile come nel penale, è infinito. Strabocchevole il numero di cause penali che finiscono nel nulla per sopraggiunta prescrizione. Ma lì c’ entra una famosa leggina approvata dal centrodestra, la ex Cirielli, che taglia drasticamente i tempi per arrivare a una sentenza. E se poi i giudici non ce la fanno, chissenefrega. Mica sempre. Racconta ancora Francesco Greco, sempre più sarcastico: «L’inchiesta su Parmalat l’abbiamo chiusa in tre mesi. In America, l’inchiesta su Enron l’hanno fatta in cinque anni. E come è noto, io ho stipendi e stock option eccezionali... Ma quelli che lavorano con me, stanno sui mille euro al mese». E allora, ripercorrendo il paradosso di Francesco Greco: i diecimila magistrati italiani sono di sicuro una Casta, ma molto particolare. I chiari e gli scuri sono portati all’eccesso. Vi si accede per concorso pubblico e quando qualcuno vuole offenderli in blocco, li definisce «modesti funzionari pubblici». Se c’è desiderio di visibilità, però, le occasioni non mancano. Gli stipendi di media non sono così alti, in compenso le ferie sono lunghe e nessuno vigila sugli orari. Non mancano casi clamorosi di imboscamento, oppure, all’opposto d’impegno sovrumano. Le carriere sono autogestite e i giochi di corrente hanno un peso immenso. E il potere... Il potere è immenso. Il tema della discussione è noto: vincono un concorso pubblico e dopo qualche mese hanno la potestà di arrestare un cittadino. E se c’è di mezzo un giudice- ragazzino, poi, è garantito un sovrappiù di polemica. Sono considerati «nemici» dei politici. Ma la politica è una tentazione per molti. A destra come a sinistra. Sono magistrati in prestito al Parlamento sia Anna Finocchiaro che Felice Casson, Massimo Brutti e Gerardo D’Ambrosio (Ulivo), ma anche Peppino Di Lello (Rifondazione), Nitto Palma (Forza Italia) o Alfredo Mantovano (An). Avere un giudice nelle liste elettorali è un fiore all’ occhiello per ogni partito. Tanti, come Giuseppe Ayala, sono poi rientrati nei ranghi della carriera. Altri hanno gettato la toga alle ortiche. Antonio Di Pietro è in pensione. Carlo Palermo svolge il suo lavoro di avvocato. Curioso contrappasso: sono proprio questi ex magistrati quelli che fanno più arrabbiare i colleghi in servizio. Casson e Di Lello sono stati i più inflessibili nell’ indurire le incompatibilità tra pm e giudice, i quali, da ora in poi, se passano da una funzione all’altra, dovranno trasferirsi di regione. Al vertice ci stanno quelli che vestono di ermellino. Non c’è nessun’altra cerimonia che dia il segno di una Casta come l’inaugurazione di un Anno giudiziario. Nei corridoi della Corte di Cassazione procedono maestosi in corteo con il tocco e la toga rosso scarlatto, un messo che li precede, le autorità ad attenderli in piedi. All’opposto ci sono i giovani. Sotto i quarant’ anni sono in tremila circa: se la devono cavare con un buono pasto da 4,6 euro al dì, non hanno macchina di servizio né benefit, si sentono la «carne da macello» del sistema. «Non si sbaglia ad affermare che molti colleghi di prima nomina in certe realtà metropolitane stentano a mantenere una vita dignitosa», denunciava qualche tempo fa un sostituto procuratore a Napoli, Catello Maresca. Ecco, se si guarda ai gradini bassi della piramide, in effetti appare come una Casta impoverita. L’Istituto nazionale di previdenza e mutualità fra magistrati italiani prevede «sussidi» da 52 euro per acquisto di occhiali, «una tantum» da 1.033 euro in caso di morte, «premio» da 516 euro agli orfani, fino al toccante dono della toga ai primi tre classificati del concorso. Gli altri, la toga, se la devono comprare da sé. Epperò, se si risale per li rami della carriera, si scopre che le cose cambiano presto. Gli stipendi s’irrobustiscono. E sono gli unici in Italia a lavorare fino a 75 anni. «Un limite - racconta Livio Pepino, membro del Csm, leader di Magistratura democratica - che anch’io trovo eccessivo. Ma non si può eliminarlo di colpo. Ci troveremmo gravemente scoperti; salterebbero 500 magistrati». Loro, i giudici, dopo l’epica battaglia contro il governo berlusconiano, si sentono ancora sotto assedio. Per puro accanimento, denunciano, dall’anno scorso gli sono stati decurtati di un terzo gli adeguamenti che spettavano loro per legge. Per reazione, hanno deciso una severa moralizzazione interna. Negati a tutti (salvo che al Consiglio di Stato) gli incarichi extragiudiziali e gli arbitrati. La legge Mastella sull’ordinamento, poi, sta per trasformare radicalmente la geografia interna del potere. Ogni capoufficio, o vice, decadrà automaticamente dalla carica dopo otto anni. Sono già sotto sfratto in 340 tra procuratori capo, aggiunti e presidenti di tribunale. C’è una frattura generazionale che scuote molti palazzi di Giustizia. Vedi Catanzaro o Potenza. E c’è una questione femminile: le donne sono il 41 per cento dei magistrati, ma solo il 4 per cento dei dirigenti.

CASO UNIPOL-BNL-DS

Sul caso Unipol-Bnl-Ds, al di là delle legittime critiche al gip Clementina Forleo, non può negarsi che almeno due dei tre esponenti Ds sorpresi al telefono con Giovanni Consorte non siano stati semplici “tifosi” della scalata Unipol alla Bnl, ma qualcosa di più.
Il 6 luglio 2006 Consorte ha il problema di accordarsi con il socio forte di Bnl, Francesco Gaetano Caltagirone, editore, costruttore, padre adottivo di Casini e capofila dei “contropattisti” Ricucci, Coppola, Lonati, Statuto e Bonsignore. E dice a Latorre: “L'ingegnere (Caltagirone, ndr) e i suoi accoliti si sono defilati [...]. Io domani ho l'incontro con loro alle sei, alle otto ti chiamo e ti dico come va a finire”.
Latorre, che in teoria sarebbe un parlamentare Ds e non un uomo d’affari, propone: “Ma che deve fare una telefonata Massimo (D'Alema, ndr) all'ingegnere (Caltagirone, ndr)?”.
Consorte: “È meglio che Massimo fa una telefonata. Perché a questo punto se le cose non vengono fatte, si sa per colpa di chi”.
L’indomani, puntualmente, Caltagirone e i contropattisti si accordano con Unipol. Missione compiuta. E’ “tifo” questo? E’ “informarsi”? O è partecipare a una scalata che i magistrati ritengono illecita in quanto occulta, compiuta prima del lancio dell’Opa?
Qualche giorno dopo, 14 luglio 2005, D’Alema riparla con Consorte: “Ho parlato con Bonsignore, che dice cosa deve fare, uscire o restare un anno… Se vi serve resta (azionista della Bnl, ndr)… Evidentemente è interessato a latere in un tavolo politico”.
Consorte:“Chiaro, nessuno fa niente per niente”. Ecco: trattare pacchetti azionari con un socio della Bnl come Vito Bonsignore, fra l’altro eurodeputato dell’Udc e pregiudicato per corruzione, in cambio di misteriosi e finora inspiegati “tavoli politici a latere” che cos’è?
Tifare, informarsi, o partecipare – in palese conflitto d’interessi tra politica e affari - a una scalata che i giudici ritengono illegale in quanto occulta, compiuta prima del lancio dell’Opa, non è legale.
Si è detto che la Procura non ha iscritto i parlamentari Ds nel registro degli indagati, mentre il Gip, “invadendo il campo” dei pm, li accusati di complicità in un “disegno criminoso”.
Ma non c’è alcun contrasto tra gip e pm milanesi, come ha detto il procuratore Francesco Greco al Sole 24 ore: “La nostra scelta è stata di non far nulla nei confronti dei parlamentari (non iscriverne ancora nessuno sul registro degl’indagati, ndr) finchè le Camere non avessero dato l’autorizzazione a utilizzare le intercettazioni telefoniche che li riguardano. E da questo punto di vista la Forleo ci dà ragione”.
Del resto, anche se pochi se ne sono accorti, nella richiesta di autorizzazione all’uso delle telefonate intercettate del caso Unipol-Bnl inoltrate dalla Procura al Gip Forleo il 10 luglio 2007 (a firma del pm Luigi Orsi), si legge che questa è finalizzata a indagare sull’“aggiotaggio manipolativo e informativo” commesso da “Consorte, Sacchetti, Cimbri, Fiorani e Boni (…) in concorso fra loro e con altri da identificare” perché “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, attivavano una scalata occulta alla Bnl e compivano atti concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo dell’azione ordinaria della Bnl ed in particolare, mentre negavano reiteratamente e specificamente al mercato di condurre la scalata a Bnl, rastrellavano pacchetti di azioni Bnl (…), disponevano acquisti a nome e nell’interesse di altri soggetti ad essi collegati (…), e finalmente il 18 luglio 2005 coordinavano ed eseguivano i plurimi contratti in virtù dei quali veniva formalizzato il passaggio delle azioni già proprietà dei soci di Bnl definiti ‘contropattisti’ (Caltagirone, Coppola, Statuto, Lonati, Grazioni, Bonsignore) ai soggetti legati alla ‘cordata Unipol’ e rendevano pubblico il concerto che non si era costituito quel giorno, ma preesisteva quanto meno dalla metà di giugno 2005. Così provocavano una sensibile alterazione del prezzo dell’azione ordinaria della Bnl e ciò in ragione dell’effetto che detta occulta attività determinava in più direzioni (…): Fatti di aggiotaggio informativo (propalazione di notizie false) e manipolativo (negoziazioni sul mercato ordinario e dei blocchi della Borsa di Milano) consumato in Milano tra il 18 marzo ed il 18 luglio 2005 (…).
Le fonti di prova che si sono sinteticamente rassegnate trovano decisivi riscontri nelle conversazioni telefoniche degli indagati, comprese quelle alle quali hanno preso parte membri del Parlamento. Ciò per la fondamentale ragione che le comunicazioni telefoniche intercettate cadono proprio nel corso del periodo in cui il reato di aggiotaggio ipotizzato si sta consumando (giugno-luglio 2005). Nel corso di queste conversazioni infatti l’indagato Consorte espone ai suoi interlocutori quello che sta facendo (…)”.
Ora, se le parole hanno un senso, i reati di aggiotaggio sono stati commessi “in concorso con altri da identificare”: e, visto che al telefono si è sempre in due, anche per i pm di Milano i possibili concorrenti nel “disegno criminoso” sono i parlamentari che parlano con Consorte. La Forleo non ha fatto altro che esplicitare questo concetto, spiegando al Parlamento perché quelle telefonate sono assolutamente necessarie per le indagini già avviate e per quelle ancora da avviare e chiarendo che, una volta autorizzate, le telefonate potranno essere usate anche contro i parlamentari interessati.
Per indagare cioè quei parlamentari, visto che le eventuali prove a loro carico sono contenute proprio nelle telefonate in questione, è necessario che il Parlamento ne autorizzi l’uso, altrimenti sono inutilizzabili.
Se anche il, Pm o/e il Gip avessero sbagliato, ciò è avvenuto perché la legge Boato del 2003 impone l’autorizzazione del Parlamento per qualunque telefonata intercettata in cui compaia la voce di un parlamentare. Tale norma è sotto il vaglio della Corte costituzionale proprio perchè viene ritenuta illegittima, riconoscendo ai parlamentari un privilegio che la Legge non consente.

giovedì 11 ottobre 2007

PERANDINI L'ACCHIAPPAFANTASMI

Ecco una notizia, apparsa oggi su tutte le testate on line, che a chi viaggia da e per Roma non piacerà certamente:
RyanAir potrebbe aprire una nuova base in Italia nei prossimi 12 mesi, indipendentemente da come finira' il negoziato con la Sea su Malpensa. Lo ha affermato l'amministratore delegato di RyanAir, Michael O'Leary, in una conferenza stampa a Milano.
Oggi la compagnia low cost opera in Italia con voli da e per Bergamo, Pisa, Roma Ciampino: "Penso che nei prossimi 12 mesi ci sara' una nuova base in Italia - afferma O'Leary - c'e' il 50% di possibilita' che sia al Sud, mi piacerebbe in un'isola, in Sicilia o Sardegna".
Ryan Air festeggia in questi giorni il raggiungimento della soglia dei 50 milioni di passeggeri trasportati dal 1998 a oggi sulle rotte italiane, lanciando una nuova promozione, con l'offerta di 1 milione di posti a 5,99 euro tasse incluse per viaggiare tra novembre e febbraio.
La compagnia aerea lamenta pero' gli ostacoli incontrati per operare in Italia, citando in particolare la situazione di Ciampino, su cui oggi si pronuncera' il Tar. "Il governo e l'Enac vogliono bloccare la concorrenza - afferma O'Leary - prima ci hanno detto che c'erano delle restrizioni sui rumori causati dagli aerei, ma noi non facciamo voli notturni e poi la nostra flotta e' la piu' moderna, poi che dovevano chiudere l'aeroporto per 5 mesi per il rifacimento della pista, ma i nostri esperti hanno detto che era perfetta".

Dobbiamo dire che è vero: i nostri amministratori locali, in testa il sindaco di Ciampino sig. Perandini, non sanno più che inventarsi per limitare i voli di questa compagnia low-cost.
Hanno dato inizio ad una forma di boicottaggio che si è concretizzata nel limitare i voli giornalieri della Ryan air da 110 ad 85 ed ora minacciando di chiudere l'aeroporto.
Forse vogliono farci spendere di più per viaggiare, costringendoci magari a scegliere l'amata compagnia di bandiera ad un prezzo almeno doppio rispetto a quello praticato dagli irlandesi.