mercoledì 10 luglio 2013

Meccanismo Europeo di Stabilità

Più di due anni fa circa, quando ancora la crisi non era arrivata ai livelli distruttivi attuali, in Europa si decise che era necessario un ennesimo strumento finanziario contro la c.d. “crisi del debito sovrano”.
Il 17 dicembre 2010 il Consiglio europeo concordò sulla necessità per gli Stati membri della zona euro di istituireun meccanismo permanente di stabilità. Attenti alla parola “permanente”. Questo “permanente” meccanismo europeo di stabilità (MES) a partire dal 1 luglio 2012 avrebbe sostituito i precedenti fondi salva stati – il Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF) e il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM) – che erano fondi“temporanei”.
Il MES venne approvato il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificato dal consiglio europeo il 25 marzo 2011. In quella stessa data – per consentire l’integrazione del MES all’interno degli altri trattati europei – il Consiglio presieduto da Herman Van Rompuy dispose la modifica dell’articolo 136 del “Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea” – meglio conosciuto come Trattato di Lisbona – inserendo questo paragrafo: “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità dell’intera zona euro. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità.”
Anche questa volta ponete un’attenzione particolare sulle parole usate,soprattutto su queste due parole:“rigorosa condizionalità”. Ci ritorneremo.
Per l’Italia il trattato fu firmato da Mario Monti a Bruxelles il 2 febbraio 2012.
Il 19 luglio dello stesso anno la votazione della Camera dei Deputati - con numeri plebiscitari (325 sì, 53 no e 36 astenuti) avrebbe completato l’iter di ratifica per l’Italia, con la conseguente adesione del nostro Paese al MES.
Gli altri Paesi ad avere ratificato il MES sono stati Belgio, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Lussemburgo, Malta, Olanda, Austria, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia. Ovvero tutti i 17 Paesi dell’eurozona che erano tenuti all’adesione. Dal momento in cui tutti hanno sottoscritto, il MES è entrato formalmente in vigore.
La sua sede è stata stabilita nel Lussemburgo.
Il MES, come abbiamo visto, nasce con una motivazione “benefica”: essere un meccanismo di permanente “salvaguardia” della stabilità finanziaria della zona euro. Lo scopo sarebbe quello di evitare il “tracollo” di Paesi della zona euro, qualora si trovassero in bancarotta, o vivessero una situazione di forte “problematicità”.
Innanzitutto va subito detto che non si tratta di un semplice fondo - a differenza dei precedenti fondi salva stati - ma di una vera e propria organizzazione intergovernativa: una specie di FMI, ma anche una specie di banca, strutturata con un consiglio di Governatori (formato dai rappresentanti degli Stati membri) e un consiglio di amministrazione.
Il MES è un trattato col quale si dichiara di mirare a raggiungere stabilità finanziaria nella zona euro (come è stato anche per il Fiscal compact) che istituisce un’organizzazione finanziaria che influisce pesantemente sulle nostre sorti economiche. Ma andiamo con ordine.
Quello che è stato fatto passare per un semplice fondo è di fatto una anomalia giuridica. Il MES è un istituto finanziario, di prestito e investimenti, intergovernativo, di personalità giuridica di diritto privato, con scopo di lucro, ma con funzione pubblica di governo economico vincolante e sanzionante; sostituisce il precedente “fondo salva-stati” che era solo un organo di coordinamento.
I Paesi per partecipare al fondo dovranno rispettare norme molto severe, tra le quali il Fiscal Compact che prevede l’introduzione del pareggio di bilancio come norma costituzionale e una riduzione significativa del debito pubblico.
Anche premettendo queste “stranezze”, cosa potrebbe esserci di contestabile in un “Fondo salva stati”? Sarebbe stato da sciocchi non aderire a questo fondo di sicurezza. E’ stato detto in tutti i modi che grazie a sistemi del genere l’economia europea poteva essere “salvata”.
Ma saranno soprattutto due le cose fondamentali che dovremo afferrare, per capire fino a che punto questo è uno strumento di salvezza. Ovvero:
1) cosa significa, a tutti gli effetti aderire al MES, quali conseguenze comporta;
2) quale è la reale portata e la reale “natura” degli aiuti che – in caso di bisogno – verrebbero dati
.

Per semplificare la comprensione ho distinto il testo che seguirà in paragrafi tematici. Ma non si tratta di passaggi distinti e a sé stanti: tutto il discorso segue un unico filo.
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CONTINUA SU: http://www.economia5stelle.it/esterni/il-mes-meccanismo-europeo-di-stabilita-un-altro-passo-verso-loligarchia/

sabato 6 luglio 2013

La caduta del Muro e la caduta degli USA

Certo che lo slogan di qualche tempo addietro, ove si parlava di "un nuovo secolo americano", da qualunque punto di vista lo si voglia guardare si è rivelato un bluff..
Per costruire un ordine bisogna darsi un insieme di regole destinate a mantenerlo, regole alle quali non si può derogare perchè fanno comodo a chi le detta.
Dal comportamento tenuto dagli USA nel cosiddetto mondo multipolare, però, si direbbe che questo punto non sia chiaro. Basta vedere quello che e' successo a Vienna al presidente Morales.
Per un insieme di regole, in gran parte confezionate dagli USA, nonostante la parvenza di una legittimità derivante dal diritto internazionale (convenzioni, trattati, Tribunali internazionali, eccetera) , l'aereo con a bordo un capo di stato e' intangibile perchè è territorio di quello Stato.
E' del tutto illegale, pertanto, la perquisizione effettuata sull' aereo colombiano con a bordo Morales: se anche Snowden fosse stato a bordo, comunque era fuori dalla giurisdizione austriaca ed internazionale. 
Lo stesso dicasi per la storia dei paesi spiati dagli USA nella rete, essi sono tutti membri della NATO, ovvero alleati militari degli americani. 
Prima domanda: se sei abbastanza forte da rimanere impunito, d'ora in poi può ritenersi normale spiare? sarà del tutto normale perquisire aerei presidenziali con ospite a bordo?
Seconda domanda: dopo quello che è successo potranno ora gli USA alzare la voce contro lo spionaggio cinese, e contro ogni altra forma di spionaggio?
E poi, una tale strategia paga o è sbagliata per un mondo multipolare? 
Vediamo anzitutto chi sono gli amici degli USA
  • In Africa, Obama non ha amici. Le zone islamiche gli sono avverse, le zone non islamiche lo vedono come fumo negli occhi.
  • In Sudamerica, si va da paesi dichiaratamente ostili a paesi che non tollerano gli Stati Uniti, sebbene usino comportamenti piu' civili.
  • In Asia è anche peggio, tra le zone islamiche ostili, la Russia che li detesta, la Cina che li vede come un avversario cui vendere la corda con cui impiccarsi, un' India sempre piu' filorussa.
  • In Australia ha ancora diversi alleati, e poi gli rimane il Messico e l' Europa.
Ora, dobbiamo chiederci a che cosa si debba questa amicizia degli europei verso gli USA. 
Il primo fattore e' l'eta' dei politici. Piu' andiamo indietro, e piu' rimane forte il mito americano. Si tratta di generazioni cresciute col mito degli USA, del reaganismo e del tatcherismo, quando questo rappresentava forza e ricchezza , e non invece (come oggi) disoccupazione e ansia.
Gli americani dicono di fare Big Data sulle opinioni di tutti? Bene, sarebbe meglio che controllassero dove sia finito il "gradimento" per gli USA in Europa. 
Se esaminano quel che ascoltano su internet, popolato specialmente da persone che non hanno avuto infanzia e adolescenza nei mitici '80 (l'american Way), gli USA avranno gia' una brutta sorpresa: sebbene il livello culturale sia piu' basso rispetto alle generazioni precedenti, la cura di musica pop , porno e internet non ha alzato il gradimento.
Solo 20 anni fa, una manifestazione per la democrazia in un qualsiasi paese aveva bandiere americane ovunque: USA come democrazia e libertà. Oggi le bandiere USA le bruciano in tutte le parti del mondo. 
Se la Russia dopo il crollo del comunismo era stata data in pasto al capitalismo sfrenato ed all'affarismo, avendo gli USA come modello, oggi quando si parla dei tempi di Yeltsin si mormora "mai piu'".
Se gli americani davvero usano la rete per fare big data e cercano i centri di ostilita' agli USA, avranno gia' scoperto che il posto dove tutti odiano gli USA è la Terra.
Persino la gioventu' inglese non vede niente di speciale negli USA. E se osserviamo l'umanita' con il filtro di Internet (che separa la generazione connessa da quella disconnessa) otteniamo una risposta semplice: gli USA sono  tra i paesi meno amati.
Se poi osserviamo chi non odia gli USA, la situazione on line e' ancora piu' penosa. Gli amici degli USA si dividono tra:
  • Rottami degli anni '80, per loro si userebbero ancora i capelli lunghi solo dietro, i pantaloni strettissimi e le giacche con le spalline. Riconoscono a Reagan e la Thatcher poteri taumaturgici, vivono per il denaro e sembrano i personaggi di un film di Vanzina.
  • Cani da guerra che passano il tempo a guardare grosse armi da fuoco che sparano, le esplosioni che ne risultano, e la capacità di fuoco di un carrarmato. Sperano che gli USA facciano una nuova guerra per vedere le nuove armi che tirano fuori contro il nemico prefabbricato.
  • Metallari ed amanti del rap, che chiamano battone le donne e cantano dei gangster. Se qualcuno pensa che il rap sia una novita' in Italia, basta ricordare che in Italia si picchiavano le donne e si baciavano le mani ai mammasantissima molto prima che nei ghetti USA.
Diamo allora per scontato che gli USA possano davvero misurare l'odio contro di loro. Se hanno messo in piedi qualcosa per misurare dove sia facile arruolare i terroristi, e dove sia piu' semplice creare gruppi antiamericani, stanno cercando di misurare l'odio. E sin dal primo rapporto su "quanto il mondo ci ama" certamente sono rimasti poco allegri.
La reazione degli USA sembra essere la piu' stupida possibile: dal momento che non ci amano, armiamoci sempre di piu' e rendiamo il mondo un posto ove il piu' forte fa quel che gli pare, tanto siamo militarmente piu' forti.
Il modello sarebbe stato conveniente in un mondo unipolare o bipolare, ma i predecessori di Obama costruirono un sistema di regole che non consente più di riconoscersi in un mondo ove tutto si basa sulla forza e sull'autorita' interna.
Infatti il modello di riferimento di chi si oppone agli USA non e' la democrazia perchè la Cina, la Russia, i paesi islamici, non fanno altro che selezionare leaders "forti".
I tentativi di abbatterli non servono a niente: come in Egitto e in Siria, il dittatore rimane al potere oppure viene sostituito da uno ancora peggiore.
La verita' e' che si e' associata la parola democrazia all'America, ed all'odio verso la civilta' americana e' seguito l'odio verso la democrazia che gli americano ci hanno insegnato. 
Il pericolo di essere piu' forti in un mondo multipolare sta nel concetto di "cordata", ovvero negli interessi neutrali.
Facciamo un esempio: finiti questi leader filoamericani, cresciuti tra i 60e gli 80, andranno al potere leader  giovani, meno filoatlantici, e si chiederanno come mai hanno basi americane in casa. 
La risposta non può essere "perchè altrimenti l' Europa finirebbe sotto l'egemonia russa - i russi non hanno mire militari ed espansionistiche. Ma ipotizziamolo: se anche fosse, conviene agli europei andare verso est o verso ovest?
Basta vedere la proposta di allargare i mercati ed il famoso accordo di scambio UE-USA. I leader come la Merkel, cresciuta dietro un muro a sognare l'America, sono filoatlantici e vorrebbero l'accordo. Quelli nuovi, specialmente tra i socialisti, temono che gli USA siano solo un negozio di prodotti cinesi rimarcati (come in effetti e') e non vogliono un'invasione di prodotti americani - cioe' cinesi - in Europa. 
Adesso pero' chiediamoci: se migliorassimo gli scambi con la Russia, dovremmo temere un'invasione di prodotti industriali russi? La risposta e' no: la Russia oggi - se escludiamo l'industria militare - vende piu' commodities, proprio quel che all' Europa manca.
Ed allora la prima domanda che la prossima generazione di politici deve porsi e': ma perche' essere alleati di un concorrente che fara' di tutto per spazzarci via, quando potremmo essere alleati di qualcuno che ci da' le materie prime e vuole in cambio proprio prodotti e servizi che noi possiamo scambiare?
Se osserviamo l'Asia, e andiamo a vedere zone come il Vietnam, grande partner commerciale americano, o il Giappone, presto il problema sara' molto semplice: perche' allearsi con gli USA, che umiliano pubblicamente i governi sovrani con atteggiamenti da gangster, quando alleandosi con i cinesi avremmo un alleato che non umilia mai il partner nè un governo amico?
Facciamo un confronto:
  • Se si accusano i cinesi di operazioni di pirateria informatica, negano le accuse.
  • Se accusate gli USA di pirateria informatica, vi rispondono che e' normale e che lo fate anche voi.
Ora, quale delle due alleanze e' piu' comoda? Premesso che ci sara' comunque lo spionaggio, il punto e' "meglio parenti serpenti gentili, o parenti serpenti arroganti ed umilianti?".
A Hollande conviene un' America che gli risponde "ma e' normale, e ti piscio in testa", o una Cina che direbbe "spiare? Io? Ma no, mai, noi siamo amici!".
Entro uno o due mandati presidenziali, il piu' grosso  problema degli USA sara' quello di vivere in un mondo ove l'atteggiamento oscilla tra quello dei paesi arabi e quello del sudamerica. Non so ancora quanto l' Europa continuera' ad essere amichevole, ma certo questa e' l'ultima generazione di politici filoatlantici. I piu' giovani non lo sono. 
Gli americani stanno cercando un mondo nel quale il gangster vince sempre perchè ha la forza di sopraffare l'altro. Dimentica pero' che una gang e' sempre piu' forte di un singolo, per quanto forte possa essere.
Chi ha fermato Morales di ritorno dalla Russia dimentica che Snowden non e' un problema grande. Il problema per Obama e' che Morales era andato in Russia per discutere una crescente amicizia che vuole il blocco antiamericano estendersi e quello filoamericano restringersi ogni anno che passa.
I leader dei paesi del Sudamerica si riuniranno ora per decidere cosa fare contro gli USA. Leader mediorentali lanciano messaggi amichevoli ai paesi antiamericani, cercando alleanze. Cinesi e Russi si incontrano per decidere come fermare le strategie USA in Asia. Paesi caucasici si riavvicinano a Mosca dopo esser stati traditi dagli USA, la Turchia e' sempre meno un alleato americano, l'India discute con Mosca piu' che con Washington.
Quanto tempo passera' prima che ogni paese del mondo sia parte di una alleanza antiamericana? Anche se molti paesi rimanessero "non allineati", la quantita' di paesi "Tier 1" che non provano simpatie per gli USA sta crescendo, e specialmente aumentano i rapporti e le intese tra antiamericani.
Non si può dire oggi se ci sara' un altro 11 settembre, ma una cosa e' certa: la prossima volta, le urla delle vittime saranno coperte da un altro rumore, l'applauso di miliardi di persone.
E se che credono di dominarli con le armi, gli americani scopriranno presto che rimanere asserragliati in casa con le armi spianate fuori dalla finestra non e' per niente "il secolo americano" che sognavano.

martedì 2 luglio 2013

La profezia delle destre al potere

Ed ecco come si avvera la profezia delle destre al potere: Marine le Pen promette di far uscire la Francia dalla moneta unica e si ritrova prima nei sondaggi... 

 http://www.telegraph.co.uk/finance/financialcrisis/10151286/Frances-triumphant-Joan-of-Arc-vows-to-bring-back-franc-and-destroy-euro.html

Il mitico Chomsky

http://www.controcopertina.com/chomsky-ecco-i-10-modi-per-capire-le-menzogne-dei-media/

Il Sud di un appassionato meridionalista: Pasquino Crupi.

http://www.calabriaonweb.it/2013/07/01/dopo-anni-di-silenzi-un-corposo-studio-sul-sud-di-un-appassionato-meridionalista-pascquino-crupi/

I polli di Renzo e l'aquila tedesca

1.      Come recentemente denunciato da Giorgio La Malfa su Il Sole, nel governo e nel paese appare emergere una mesta rassegnazione a un futuro in cui ci si dovrà adeguare a standard di vita sempre più modesti e in cui l’emigrazione sarà il premio per i più bravi. Le contorsioni della politica, dalle fumosità di Enrico Letta, alle purghe del M5S, alle sparate di Berlusconi, testimoniano un mix d'impotenza e d'ignoranza, i polli di Renzo che si beccano fra di loro. Gli elettori percepiscono questo senso d’impotenza della politica e di qui l’esteso sentimento di anti-politica. Finché la politica aveva risorse da distribuire gli elettori italiani non si erano sentiti così diffusamente Soloni. Ma errato sarebbe concluderne, come si fa spesso soprattutto in area PD, che troppo si è sperperato nel passato per cui la crescita potrà solo tornare quando avremo tutti imparato a scialare meno. E’ un moralismo pernicioso che non porta da nessuna parte. Sostenere che se fossimo stati virtuosi come la Germania ora non saremmo nei guai è un ragionamento da “se mio nonno avesse le ruote”. E trascura il fatto che se tutti i paesi si comportassero come la mercantilista Germania solo l’apertura di mercati su Marte consentirebbe un generalizzato sviluppo export-led.  Le vere occasioni il nostro paese le ha probabilmente perdute quando mezzo secolo fa, per inadeguatezza della classe dirigente, i frutti del boom economico non furono utilizzati per indirizzarlo su un sentiero di sviluppo moderno e socialmente equo. Ma basta piangere, ognuno a modo suo, sul latte versato. Guardiamo ai problemi dell’oggi.

2.      A fronte di questi problemi il governo Letta appare persino più inetto del governo Monti – che ci aveva addirittura illuso a un tratto di voler alzare la voce con Berlino, prima di relegarsi nella spazzatura della storia. L’impotenza del governo è palese, malamente mascherata con un gran parlare di disoccupazione giovanile, quasi che quella adulta non fosse parimenti grave e non facendo comunque nulla per entrambe. L’ipocrisia di Letta nel rivendersi immaginari successi al G8 è stata sfacciata, quanto il fumo venduto dopo il vertice europeo. Il decreto “del fare” è un “facite ammuina”.  C’è in questo un inquietante misto d’ignoranza e cinismo verso il futuro del nostro paese. Eppure il precisino Enrico Letta ha a disposizione fior fiore di economisti internazionali a mostrargli quanto la situazione sia tragica, mentre ormai quasi più nessuno difende l’ossimoro delle “austerità espansive”. Non hanno, tuttavia, a mio avviso, neppure ragione coloro che se la prendono con i vincoli europei come tali, invitando il governo a sforarli. Prima che l’Europa sarebbero i mercati a punirci per aver tentato un’espansione in un paese solo. La verità è che questa espansione non è possibile nell’ambito di un’unione monetaria che è un vero e proprio gold-standard (come diverse ricerche hanno messo in luce istituendo un parallelo fra sistema aureo e Unione Monetaria Europea).
3.      In un sistema aureo i livelli di occupazione di ciascun paese sono vincolati al pareggio della bilancia dei pagamenti: tanto oro guadagni esportando, tanto ne puoi spendere per importare. Ogni espansione in solitudine porterebbe a maggiori importazioni e fuoriuscita del metallo prezioso solo temporaneamente sostenibile attraverso l’indebitamento estero. Nel gold-standard se un paese ha uno squilibrio commerciale, l’unico aggiustamento possibile è attraverso una caduta di occupazione, salari e prezzi (deflazione) che diminuisca le importazioni – più incerto essendo l’effetto positivo sulle esportazioni. Per questo l’opzione per la piena occupazione, che la sfida sovietica impose ai paesi occidentali, comportò il ripudio del gold-standard a favore di un sistema di cambi fissi ma aggiustabili quale quello di Bretton Woods. In esso gli aggiustamenti del cambio s’incaricavano della risoluzione di squilibri esterni “fondamentali”. L’assenza di tale possibilità assimila l’UME al sistema aureo. Qui come lì (e come nell’esperienza argentina del currency board) copiosi flussi di capitale dai paesi in surplus, rassicurati dalla fissità del cambio, sembrarono illudere di una natura di tale sistema favorevole allo sviluppo della periferia. Ma qui come lì l’esito è stato una crisi debitoria della periferia. Vero che nell’UME quando i flussi di prestiti esteri vengono meno, la BCE in un qualche modo li sostituisce (la famosa questione attorno ai saldi Target 2), ma questo può solo procrastinare il redde rationem degli squilibri esterni, e alla lunga gli aggiustamenti sono inevitabili. E, coerentemente con il sistema aureo, la deflazione è la via di aggiustamento prescelta dall’Eurozona.
4.      Ma se respingiamo l’opzione A della deflazione come strumento di aggiustamento degli squilibri europei, in quanto controproducente, insostenibile socialmente e che non può che culminare nella desertificazione produttiva della periferia, cosa rimane? L’opzione B è quella di una garanzia della BCE sui debiti sovrani che riduca drasticamente il rischio di default di questi paesi (e/o di fuoriuscita dall’euro) determinando un immediato calo dei tassi di interesse. A seguire vi dovrebbe essere un’espansione della domanda aggregata in Europa, guidata dalla Germania, con gli obiettivi della piena occupazione e del riequilibrio delle bilance dei pagamenti dei paesi periferici. Alternativamente o congiuntamente, opzione C, la Germania si dovrebbe impegnare a sussidiare gli squilibri esteri della periferia, come essa fa con i suoi land orientali, o fa la Lombardia con la Calabria (nella sostanza è questa l’Europa federale vagheggiata dai radicali). L’opzione A è inaccettabile per la periferia europea, quelle B e C lo sono per la Germania. Essa non è stata (se non nella triste parentesi Hitleriana), non è e non sarà mai un paese keynesiano, e tantomeno si può chiedere al contribuente tedesco di sostenere un’immensa periferia (sebbene i proventi del sostegno tornerebbero in Germania come acquisto di prodotti). Il keynesismo i tedeschi l’han sempre lasciato volentieri fare agli altri a sostegno del proprio mercantilismo. Che fare dunque?
5.      Un governo minimamente consapevole della tragicità della situazione almeno tenterebbe di mettere la Germania con le spalle al muro delle proprie responsabilità, che non sono peraltro solo verso l’Europa poiché le politiche deflazionistiche che essa impone si riverberano anche sugli equilibri commerciali globali. E questi sono vieppiù esposti ai venti dell’instabilità, come accade in questi giorni in seguito ai tentennamenti della politica monetaria americana, della tenuta del modello cinese, dell’incerto successo dell’Abenomics e, appunto, delle assurde politiche europee. Ragioni politiche e intellettuali – la sopravvivenza del modello sociale europeo e la stabilità mondiale – depongono dunque per una posizione forte e autorevole. C’è da essere pessimisti circa le reazioni tedesche. E allora l’avvio di trattative segrete per un esito diverso può diventare ineludibile. Lo faremmo sotto un inaudito ricatto di Germania e, ahimè, Francia di ritorsioni commerciali.  Ma un po’ di schiena dritta si dovrà pur cominciare a mostrarla. In questo quadro e con poche eccezioni, il dibattito congressuale nel PD appare poco più di una lotta fra conventicole che ambiscono al potere, mentre la segreteria appare inadeguata a sollevare il livello del dibattito volta com’è a non far mancare il sostegno a un governo inetto.
ilmanifesto 2/7/2013

L'unica risposta: riconquistare la sovranità

http://www.riconquistarelasovranita.it/?page_id=111

Napolitano e la svendita dell'Italia

Napolitano: investimenti dall'estero con meno burocrazia
La ripresa passa (anche) dall'afflusso in Italia di investimenti dall'estero. A sottolinearlo è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio inviato a Squinzi, in apertura del convegno. Alle istituzioni pubbliche, sottolinea Napolitano, spetta il compito di mettere in campo politiche in grado di attirarli. La soluzione è quella di «rimuovere le inadeguatezze normative ed amministrative che impediscono di acquisire all'Italia così significative potenziali risorse».
Ma una sana partita a tresette all'ombra del vulcano di Stromboli no?


 http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-07-02/napolitano-meno-burocrazia-attirare-100920.shtml

Adesso la Merkel vuole i nostri risparmi

Borghi ne parlava già da tempo

http://www.claudioborghi.com/claudio-borghi-articoli-in-prima-pagina/item/adesso-la-merkel-vuole-i-nostri-risparmi

Jean-Claude Juncker, lussemburghese

"Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno"

 http://goofynomics.blogspot.it/2013/06/qed-22-il-metodo-juncker-e-il-bail-in.html