mercoledì 10 luglio 2013

Meccanismo Europeo di Stabilità

Più di due anni fa circa, quando ancora la crisi non era arrivata ai livelli distruttivi attuali, in Europa si decise che era necessario un ennesimo strumento finanziario contro la c.d. “crisi del debito sovrano”.
Il 17 dicembre 2010 il Consiglio europeo concordò sulla necessità per gli Stati membri della zona euro di istituireun meccanismo permanente di stabilità. Attenti alla parola “permanente”. Questo “permanente” meccanismo europeo di stabilità (MES) a partire dal 1 luglio 2012 avrebbe sostituito i precedenti fondi salva stati – il Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF) e il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM) – che erano fondi“temporanei”.
Il MES venne approvato il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificato dal consiglio europeo il 25 marzo 2011. In quella stessa data – per consentire l’integrazione del MES all’interno degli altri trattati europei – il Consiglio presieduto da Herman Van Rompuy dispose la modifica dell’articolo 136 del “Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea” – meglio conosciuto come Trattato di Lisbona – inserendo questo paragrafo: “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità dell’intera zona euro. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità.”
Anche questa volta ponete un’attenzione particolare sulle parole usate,soprattutto su queste due parole:“rigorosa condizionalità”. Ci ritorneremo.
Per l’Italia il trattato fu firmato da Mario Monti a Bruxelles il 2 febbraio 2012.
Il 19 luglio dello stesso anno la votazione della Camera dei Deputati - con numeri plebiscitari (325 sì, 53 no e 36 astenuti) avrebbe completato l’iter di ratifica per l’Italia, con la conseguente adesione del nostro Paese al MES.
Gli altri Paesi ad avere ratificato il MES sono stati Belgio, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Lussemburgo, Malta, Olanda, Austria, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia. Ovvero tutti i 17 Paesi dell’eurozona che erano tenuti all’adesione. Dal momento in cui tutti hanno sottoscritto, il MES è entrato formalmente in vigore.
La sua sede è stata stabilita nel Lussemburgo.
Il MES, come abbiamo visto, nasce con una motivazione “benefica”: essere un meccanismo di permanente “salvaguardia” della stabilità finanziaria della zona euro. Lo scopo sarebbe quello di evitare il “tracollo” di Paesi della zona euro, qualora si trovassero in bancarotta, o vivessero una situazione di forte “problematicità”.
Innanzitutto va subito detto che non si tratta di un semplice fondo - a differenza dei precedenti fondi salva stati - ma di una vera e propria organizzazione intergovernativa: una specie di FMI, ma anche una specie di banca, strutturata con un consiglio di Governatori (formato dai rappresentanti degli Stati membri) e un consiglio di amministrazione.
Il MES è un trattato col quale si dichiara di mirare a raggiungere stabilità finanziaria nella zona euro (come è stato anche per il Fiscal compact) che istituisce un’organizzazione finanziaria che influisce pesantemente sulle nostre sorti economiche. Ma andiamo con ordine.
Quello che è stato fatto passare per un semplice fondo è di fatto una anomalia giuridica. Il MES è un istituto finanziario, di prestito e investimenti, intergovernativo, di personalità giuridica di diritto privato, con scopo di lucro, ma con funzione pubblica di governo economico vincolante e sanzionante; sostituisce il precedente “fondo salva-stati” che era solo un organo di coordinamento.
I Paesi per partecipare al fondo dovranno rispettare norme molto severe, tra le quali il Fiscal Compact che prevede l’introduzione del pareggio di bilancio come norma costituzionale e una riduzione significativa del debito pubblico.
Anche premettendo queste “stranezze”, cosa potrebbe esserci di contestabile in un “Fondo salva stati”? Sarebbe stato da sciocchi non aderire a questo fondo di sicurezza. E’ stato detto in tutti i modi che grazie a sistemi del genere l’economia europea poteva essere “salvata”.
Ma saranno soprattutto due le cose fondamentali che dovremo afferrare, per capire fino a che punto questo è uno strumento di salvezza. Ovvero:
1) cosa significa, a tutti gli effetti aderire al MES, quali conseguenze comporta;
2) quale è la reale portata e la reale “natura” degli aiuti che – in caso di bisogno – verrebbero dati
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Per semplificare la comprensione ho distinto il testo che seguirà in paragrafi tematici. Ma non si tratta di passaggi distinti e a sé stanti: tutto il discorso segue un unico filo.
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