mercoledì 19 dicembre 2012

La delega a vita

Sono stupito dallo stupore col quale viene accolta la notizia dell’espulsione di alcuni militanti dal M5S da parte del proprietario del movimento. Non capisco perchè si gridi allo scandalo, perchè si richiamino concetti come la democrazia. Forse perchè siamo di fronte alla fine di qualcosa che assomiglia molto ad un’illusione alla quale proprio non vogliamo rassegnarci.
Siamo proprio strani. Invece di essere contenti perchè i fatti che stanno avvenendo, diradando la nebbia ci permettono di leggere chiaramente la realtà, siamo tutti in allarme, sfiduciati, se non in preda al panico. Si è rotto l’incantesimo, ancora una volta è svanita l’illusione, come era normale che avvenisse e noi siamo lì a disperarci. Quale illusione? Quella di continuare a pensare (cambiando sigle, metodi, approcci, leader e tecnologie) che delegare i propri problemi a qualcuno, considerato più o meno affidabile dei concorrenti in campo, sia di per sè una soluzione. Pensavamo di poter evitare ancora una volta i sacrifici e invece dobbiamo ricominciare tutto daccapo è questo ci frustra.
Non vogliamo proprio metterci in testa che si può cambiare solamente agendo quotidianamente nel nostro piccolo mondo, sacrificando un pò del nostro tempo, dei nostri soldi, delle nostre idee, delle nostre passioni per un’idea, un obiettivo, uno scopo molto piccolo e molto vicino a noi. Non vogliamo capire che la politica, l’ambiente, il lavoro, la salute, la cultura non sono argomenti a camere stagne da delegare a qualcuno ma sono eventi che attraversano le nostre vite e che se non ce ne interessiamo in prima persona non lo farà nessun altro per noi.
Non ce lo vogliamo mettere in testa perchè siamo un popolo perennemente immaturo e inadeguato. Viviamo nel 2012 ma con una mentalità da fine ’800 che ci impedisce di uscire fuori da schemi tanto consolidati quanto obsoleti. Non abbiamo alcuna voglia di fare sacrifici, non abbiamo un barlume di idea, non abbiamo un metodo, non abbiamo fiducia reciproca e continuiamo a delegare tutto ad altri da cui pretendiamo poi onestà, correttezza, responsabilità, democrazia, lealtà, tutte qualità che non ci appartengono. Agli ambientalisti deleghiamo l’ambiente, ai geometri il paesaggio, ai politici il lavoro, ai medici la salute, ai sacerdoti la religione, alla scuola l’educazione e così via.
La nostra è una delega a vita. Abbiamo bisogno di una balia per muovere qualsiasi passo ma soprattutto abbiamo bisogno di un carnefice a cui addossare tutte le colpe, tutte le responsabilità per la nostra incapacità o ignavia, abbiamo bisogno di vestire, da perfetti immaturi, i panni delle vittime.
Un Paese che si lamenta è un Paese che non vuole cambiare, questa è l’Italia. Chi vuole cambiare agisce, chi non vuole cambiare si lamenta, va alla ricerca di cavilli, di nemici, ha bisogno di creare problemi.
C’è una parte, una grossa parte, di questa nazione che si alza ogni mattina per cambiarla e ce n’è un’altra che si alza la mattina per chiosare, denigrare, ostacolare ciò che fa la parte che agisce. E’ come se le persone che si trovano su una barca remassero ciascuna per conto proprio, la barca gira su se stessa.
Se non ci decidiamo una volta per tutte a prendere in mano il nostro destino lo farà qualcun altro e non sarà particolarmente attento ai nostri bisogni ed alle nostre esigenze.
Non sono solo i partiti ad essere al capolinea ma il concetto, o per meglio dire l’artificio, della “democrazia rappresentativa” che ha fin qui regolato i rapporti tra gli individui e che non funziona più perchè il mondo è cambiato, i bisogni delle persone sono cambiati, il modello e gli strumenti che hanno regolato fin qui i nostri rapporti è cambiato. Il problema siamo noi, sempre più uguali a noi stessi.

Massimiliano Capalbo

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