giovedì 10 aprile 2008

LE TRIVELLAZIONI MARINE

di Comitato Naturaverde

I nostri cugini francesi chiamano il mare al femminile:“la mer”. Ed è così che noi, suoi appassionati amanti, vediamo questa creatura della natura, ora che le trivelle petrolifere stanno per stuprarla sventrandone i fondali. Per potere trivellare nel mare le compagnie petrolifere hanno bisogno di speciali fluidi e fanghi perforanti (quelli che in gergo vengono chiamati i “drilling fluids and muds” che servono a guidare il processo di perforamento).
A volte questi vengono usati per pulire i pozzi, lubrificarli, controllarne la pressione e la forma, facilitare la cementificazione, o per sigillare formazioni porose indesiderate. Di questi fanghi e fluidi non si conosce la composizione chimica esatta, ogni compagnia ha la propria, tant’è che le formule vengono mantenute segrete.
Quello che però si sa è che questi fanghi sono TOSSICI e, anche nella loro varietà meno inquinante, risultano difficili da smaltire. Lasciano infatti traccie di cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio, piombo, zinco e rame, che rischiano di finire nei corpi dei pesci e di quelli che li mangiano.
In Canada un pozzo esplorativo marino emise bario che poté essere registrato in forti dosi a 65 km ad est e a 35 km a ovest, mentre le acque di risulta delle trivellazioni marine sono stimate essere la causa del 30% dell'inquinamento petrolifero del Mare del Nord. Durante le fasi di esplorazione sembra che in giro per il mondo vengano effettuati dei test che non si farebbero sulla terraferma e che coinvolgono bruciamenti di gas, a volte quando ci sono dei malfunzionamenti o per separarlo dal petrolio.
In queste occasioni vengono emessi idrogeno solforato e anidride solforosa (che causano danni alla respirazione), benzene (cancerogeno), toluene (che causa problemi riproduttivi). Dalle piattaforme petrolifere queste sostanze possono viaggiare nell'aria fino a 300 km in condizione di vento favorevole.
Possibile che il padrone del mondo non voglia utilizzare per il suo sostentamento un metodo meno aggressivo nei confronti della natura? Eppure ce ne sono...

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