giovedì 15 novembre 2012

4500 STATALI PRONTI AL LICENZIAMENTO

L’Italia è come la Grecia, procede a tappe spedite nella dismissione delle sovranità popolari e, rispettando le tabelle di marcia volute dalla Troika, ovvero quella triade massonica formata da FMI, la BCE e Ue che disegna e gestisce il futuro modello degli Stati Europei, dà il via alla prima delle tre ondate previste, da qui a gennaio del 2013, di licenziamento del personale pubblico. Di per sé questa non è una notizia in quanto, la maggior parte degli italiani già sapeva dell’enorme e sproporzionata pianta organica relativa al personale dipendente dello Stato, aumentata nel corso degli anni senza motivi apparenti e a dismisura da tutti i governi dal dopoguerra fino ai giorni nostri. Sembra che oggi sia caduto un fulmine a ciel sereno, ma nella realtà chiunque se lo sarebbe potuto aspettare dato che, dopo l’approvazione del discusso art. 18 sui licenziamenti del personale in eccedenza, originariamente previsto per le sole aziende private, lo stesso è stato poi esteso anche agli enti pubblici.
Alla luce di quanto sopra, la vera notizia appare però essere un’altra, ovvero quella relativa alle tempistiche che ha adottato il governo Monti per approvare quei provvedimenti legislativi imposti dalla Troika all’Italia fin dal novembre scorso. Quando, con la famosa lettera dell’agosto 2011, l’Europa invitava l’allora governo Berlusconi ad approvare le sue richieste di risanamento, l’Italia le varò in cambio del proprio salvataggio,  impegnandosi altresì a portare a termine il programma di risanamento, fortemente voluto dalla Troika e imposto poi dai vertici Europei. In sostanza, e per farla in breve, ora sembra sempre più chiaro che il premier italiano Mario Monti, succeduto a Berlusconi nel novembre scorso, stia recitando, più che il ruolo di premier, il ruolo “pro tempore” di commissario diligente, rispettoso e abile, che l’Europa gli ha affidato con l’appoggio del presidente della Repubblica. Appare ancora più evidente invece, come la credibilità e la competenza finanziaria ed economica internazionale del professor Monti fossero in realtà la garanzia necessaria, fortemente voluta e richiesta dagli organismi europei, per applicare i provvedimenti ritenuti obbligatori e finalizzati a salvare il paese Italia. Provvedimenti che invece erano ritenuti impossibili da applicare se fosse rimasto in carica il governo Berlusconi. Di conseguenza, oggi tali provvedimenti sono  imposti “manu militari alle forze politiche che sostengono il governo, facendo così strame delle sovranità popolari previste dai principi della carta costituzionale italiana.
Nel mese di agosto avevo scritto proprio su questo giornale di una probabile caduta del governo Monti, in concomitanza con l’attuazione dei licenziamenti nel pubblico impiego e, alla luce di quanto sopra, non posso che confermare oggi ciò che scrissi allora. Come non ricordare adesso le affermazioni rilasciate in estate alla stampa da Monti ovvero di quando paventava il rischio di un fattore disgregante degli Stati nazionali, che a suo dire avrebbe potuto manifestarsi a causa della moneta unica? E come non ricordare ora, ciò che è stato anche di recente ricordato da una nota trasmissione televisiva della Rai, quando il professore faceva chiaramente intendere che la crisi era da ritenersi una opportunità in quanto, con gli stati a rischio di sopravvivenza, sarebbe stato poi più facile costituire quell’Europa politica che altrimenti non avrebbe potuto essere realizzata? Personalmente ho sempre creduto che questi meccanismi perversi servono ad “inginocchiare” e di conseguenza artatamente far fallire i così detti PIIGS che, impossibilitati a salvarsi da soli, sarebbero poi inevitabilmente finiti col subire i diktat europei ed a essere così governati direttamente dalla Troika. In ultima analisi, in molti oggi sorge il sospetto che la crisi economica sia stata invece pilotata e prevista fin dal momento in cui gli Stati, dopo che avevano adottato la moneta unica, si sapeva non avrebbero più potuto avvalersi della facoltà di svalutazione delle loro valute e così sono ora costretti a quella costituzione dell’uropa politica che, viceversa, non si sarebbe potuta realizzare se i suddetti Stati avessero continuato a mantenere le loro singole sovranità popolari e le loro monete.

Nessun commento: