martedì 9 ottobre 2007

INCLEMENTI CON CLEMENTE

di Enrico Mentana

A me Mastella ricorda un certo personaggio. Forse lei è troppo giovane per ricordare i Brutos, un complesso antesignano del filone demenziale. Cantavano più o meno bene, ma uno di loro – Gianni – aveva il compito di stonare o sbagliare il tempo, così da beccarsi una immancabile sberla dal compagno che gli stava accanto.
L’effetto comico era garantito. Erano molto popolari, e ancor di più lo divennero interpretando un Carosello memorabile, dove lo slogan pubblicitario veniva introdotto dalla fatidica frase: «Gianni, nonostante gli schiaffi che ti sei preso hai sempre una buona cera».
Mastella è proprio così, da decenni: funzionale al sistema politico, utile o indispensabile per ogni maggioranza, preso a pesci in faccia dai colleghi e dalla stampa, ma sempre lì. Spernacchiatissimo durante ogni legislatura, viene corteggiato ogni volta che il voto si avvicina: stando al centro, riceve fiori da entrambi i poli.
Potendone scegliere uno solo, sa già che l’altro lo chiamerà traditore per tutta la legislatura: in compenso i colleghi di governo lo guarderanno con sospetto, molti con malcelato disprezzo, come a dire: guarda con chi ci tocca stare per avere la maggioranza.
Già, perché Clemente Mastella ha fatto il sottosegretario alla Difesa con Andreotti nel 1989, il ministro del Lavoro con Berlusconi nel 1994, il ministro della Giustizia con Prodi dall’anno scorso.
Può essere considerato l’uomo più a destra della sinistra, o anche il più a sinistra della destra. E lui ci marcia.Apparentemente invulnerabile – fino a poche settimane fa – a ogni critica, sopporta da un decennio almeno il marchio di principale voltagabbana (certo la concorrenza nel settore non manca).
Quando Claudio Sabelli Fioretti cominciò una serie di interviste sul tema, andando a stuzzicare ogni tipo di personaggio, il suo nome saltava fuori ogni volta. Ricorda Sabelli: «Ormai era diventato un’icona del voltagabbanismo. Non c’era intervistato che, per difenderlo o per accusarlo, non avesse fatto il suo nome».
Tant’è che, dopo 84 interviste, venne naturale concludere la serie con lui, Mastella. Il fatto è che le due anime forti di questo Paese, quella di sinistra e quella berlusconiana, lo considerano altro da loro, un utile estraneo, uno che lucra una piccola rendita di posizione elettorale e come tale va tenuto buono, ma è l’emblema vivente di una politica che viene dal passato, e che in un mondo migliore non ci dovrebbe essere.
Intanto, però, Mastella conta ancora. E siccome sa come tenere insieme il suo piccolo esercito («Può darsi pure in quarta fila. L’importante è sedersi. Non perdere mai la sedia», intervista al Corriere), si illudeva di essere alla fine sdoganato nell’Italia che conta.
Sembrava avercela fatta: non più tardi di un mese fa Telese Terme, dove Mastella tiene annualmente la sua festa di partito, era diventata meta di un pellegrinaggio politico che nemmeno la più riuscita festa dell’Unità ha mai saputo convogliare.
Da Berlusconi a Veltroni, da Padoa-Schioppa a Tremonti, Rutelli, Fassino, Amato.Lui gongolava, come uno che alla fine ha svoltato, da centrista a centrale.
Macché: pochi giorni dopo Clemente, il ministro dell’indulto e dell’insulto, era l’eroe negativo del Vaffa Day, l’uomo che Grillo eleggeva a emblema della politica da mandare a quel paese. Pensare che aveva appena preso in braccio Benigni…
Reagì bene al primo colpo, il ministro di Ceppaloni; ma accusò il secondo, le foto dell’Espresso sul volo di Stato per il Gran Premio di, e poi le rivelazioni sulle case comprate a prezzo scontato. Era diventato insieme personificazione della politica cattiva che libera i delinquenti e della Casta che lucra alle spalle del contribuente.
La sua apparizione infelice a Ballarò ha fatto il resto.Ora piove sul bagnato. A essere sfottuto ci era abituato, a essere odiato no. I blog apparsi a fungo contro di lui – dementemastella, ceppalonisburning, mastellatiodio e clementepastella – gli hanno fatto toccare con mano il suo indice di gradimento nel popolo di Internet.
L’uomo sul quale già vent’anni fa si ironizzava per via di quei pullman che affluivano a schiere dall’Irpinia per fare la claque alle relazioni congressuali di De Mita («Arrivano le truppe mastellate!») comincia a temere che anche il suo pullman politico si avvicini al capolinea.
Sarà lui la vittima sacrificale di questa stagione a tinte forti? A leggere le cronache di questi giorni, sembra tornato il tempo della morte della Dc: solo che quella aveva il 30 per cento dei voti. Lui, Mastella, alle politiche dell’anno scorso ha racimolato l’1,4. Quello era lo scudo crociato, qui sembra che sparino sulla Croce Rossa…

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