venerdì 12 ottobre 2007

CASO UNIPOL-BNL-DS

Sul caso Unipol-Bnl-Ds, al di là delle legittime critiche al gip Clementina Forleo, non può negarsi che almeno due dei tre esponenti Ds sorpresi al telefono con Giovanni Consorte non siano stati semplici “tifosi” della scalata Unipol alla Bnl, ma qualcosa di più.
Il 6 luglio 2006 Consorte ha il problema di accordarsi con il socio forte di Bnl, Francesco Gaetano Caltagirone, editore, costruttore, padre adottivo di Casini e capofila dei “contropattisti” Ricucci, Coppola, Lonati, Statuto e Bonsignore. E dice a Latorre: “L'ingegnere (Caltagirone, ndr) e i suoi accoliti si sono defilati [...]. Io domani ho l'incontro con loro alle sei, alle otto ti chiamo e ti dico come va a finire”.
Latorre, che in teoria sarebbe un parlamentare Ds e non un uomo d’affari, propone: “Ma che deve fare una telefonata Massimo (D'Alema, ndr) all'ingegnere (Caltagirone, ndr)?”.
Consorte: “È meglio che Massimo fa una telefonata. Perché a questo punto se le cose non vengono fatte, si sa per colpa di chi”.
L’indomani, puntualmente, Caltagirone e i contropattisti si accordano con Unipol. Missione compiuta. E’ “tifo” questo? E’ “informarsi”? O è partecipare a una scalata che i magistrati ritengono illecita in quanto occulta, compiuta prima del lancio dell’Opa?
Qualche giorno dopo, 14 luglio 2005, D’Alema riparla con Consorte: “Ho parlato con Bonsignore, che dice cosa deve fare, uscire o restare un anno… Se vi serve resta (azionista della Bnl, ndr)… Evidentemente è interessato a latere in un tavolo politico”.
Consorte:“Chiaro, nessuno fa niente per niente”. Ecco: trattare pacchetti azionari con un socio della Bnl come Vito Bonsignore, fra l’altro eurodeputato dell’Udc e pregiudicato per corruzione, in cambio di misteriosi e finora inspiegati “tavoli politici a latere” che cos’è?
Tifare, informarsi, o partecipare – in palese conflitto d’interessi tra politica e affari - a una scalata che i giudici ritengono illegale in quanto occulta, compiuta prima del lancio dell’Opa, non è legale.
Si è detto che la Procura non ha iscritto i parlamentari Ds nel registro degli indagati, mentre il Gip, “invadendo il campo” dei pm, li accusati di complicità in un “disegno criminoso”.
Ma non c’è alcun contrasto tra gip e pm milanesi, come ha detto il procuratore Francesco Greco al Sole 24 ore: “La nostra scelta è stata di non far nulla nei confronti dei parlamentari (non iscriverne ancora nessuno sul registro degl’indagati, ndr) finchè le Camere non avessero dato l’autorizzazione a utilizzare le intercettazioni telefoniche che li riguardano. E da questo punto di vista la Forleo ci dà ragione”.
Del resto, anche se pochi se ne sono accorti, nella richiesta di autorizzazione all’uso delle telefonate intercettate del caso Unipol-Bnl inoltrate dalla Procura al Gip Forleo il 10 luglio 2007 (a firma del pm Luigi Orsi), si legge che questa è finalizzata a indagare sull’“aggiotaggio manipolativo e informativo” commesso da “Consorte, Sacchetti, Cimbri, Fiorani e Boni (…) in concorso fra loro e con altri da identificare” perché “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, attivavano una scalata occulta alla Bnl e compivano atti concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo dell’azione ordinaria della Bnl ed in particolare, mentre negavano reiteratamente e specificamente al mercato di condurre la scalata a Bnl, rastrellavano pacchetti di azioni Bnl (…), disponevano acquisti a nome e nell’interesse di altri soggetti ad essi collegati (…), e finalmente il 18 luglio 2005 coordinavano ed eseguivano i plurimi contratti in virtù dei quali veniva formalizzato il passaggio delle azioni già proprietà dei soci di Bnl definiti ‘contropattisti’ (Caltagirone, Coppola, Statuto, Lonati, Grazioni, Bonsignore) ai soggetti legati alla ‘cordata Unipol’ e rendevano pubblico il concerto che non si era costituito quel giorno, ma preesisteva quanto meno dalla metà di giugno 2005. Così provocavano una sensibile alterazione del prezzo dell’azione ordinaria della Bnl e ciò in ragione dell’effetto che detta occulta attività determinava in più direzioni (…): Fatti di aggiotaggio informativo (propalazione di notizie false) e manipolativo (negoziazioni sul mercato ordinario e dei blocchi della Borsa di Milano) consumato in Milano tra il 18 marzo ed il 18 luglio 2005 (…).
Le fonti di prova che si sono sinteticamente rassegnate trovano decisivi riscontri nelle conversazioni telefoniche degli indagati, comprese quelle alle quali hanno preso parte membri del Parlamento. Ciò per la fondamentale ragione che le comunicazioni telefoniche intercettate cadono proprio nel corso del periodo in cui il reato di aggiotaggio ipotizzato si sta consumando (giugno-luglio 2005). Nel corso di queste conversazioni infatti l’indagato Consorte espone ai suoi interlocutori quello che sta facendo (…)”.
Ora, se le parole hanno un senso, i reati di aggiotaggio sono stati commessi “in concorso con altri da identificare”: e, visto che al telefono si è sempre in due, anche per i pm di Milano i possibili concorrenti nel “disegno criminoso” sono i parlamentari che parlano con Consorte. La Forleo non ha fatto altro che esplicitare questo concetto, spiegando al Parlamento perché quelle telefonate sono assolutamente necessarie per le indagini già avviate e per quelle ancora da avviare e chiarendo che, una volta autorizzate, le telefonate potranno essere usate anche contro i parlamentari interessati.
Per indagare cioè quei parlamentari, visto che le eventuali prove a loro carico sono contenute proprio nelle telefonate in questione, è necessario che il Parlamento ne autorizzi l’uso, altrimenti sono inutilizzabili.
Se anche il, Pm o/e il Gip avessero sbagliato, ciò è avvenuto perché la legge Boato del 2003 impone l’autorizzazione del Parlamento per qualunque telefonata intercettata in cui compaia la voce di un parlamentare. Tale norma è sotto il vaglio della Corte costituzionale proprio perchè viene ritenuta illegittima, riconoscendo ai parlamentari un privilegio che la Legge non consente.

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